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Cannabis e finanza: il business della droga più diffusa del mondo

 

Cannabis e finanza: il business della droga più diffusa del mondo

Da quella legalizzata in California in seguito alla vittoria di Trump, a quella “di Stato” sugli scaffali delle farmacie italiane: a fini terapeutici o ricreativi, la cannabis sta generando un business (legale) meravigliosamente florido, comunque la si voglia guardare o provare.

Il business della cannabis

Infatti, secondo gli ultimi dati disponibili dello United Nations Office of Drugs and Crime (2014), sono circa 182,5 milioni gli utilizzatori di marijuana che si conferma, quindi, la droga più prodotta, venduta, trafficata e consumata al mondo.
ArcView, invece, ci fa sapere che nel 2016 le vendite di cannabis hanno fatturato, nel solo Nord America, circa 6,7 miliardi di dollari, con previsioni che parlano di un incremento a oltre 21 miliardi entro il 2020. Ovviamente un simile giro d’affari non poteva che ingolosire gli operatori del mercato, neofiti compresi. E infatti, se su AngelList, incredibilmente (intanto si arrotola su se stessa) si trovano 694 startup attive nel business della cannabis, un recente report statunitense ci dice che nel 2013 il capitale investito dai più avanguardisti “angeli del business” ammontava a 13 milioni di dollari (distribuiti su 7 operazioni), esplosi a 117 milioni l’anno successivo e nuovamente in crescita a 225 milioni di equity stanziato nel 2015 (e intanto si accende).
Nell’anno appena concluso, invece, si è assistito a una flessione del 9%, con finanziamenti pari a 220 milioni di dollari e 96 operazioni totali.
Tra queste ultime, la raccolta più sostanziosa è avvenuta a opera di Privateer Holdings, società di private equity leader nel settore della cannabis, che ha emesso dei titoli convertibili incassando 40 milioni di dollari (lei fuma).
Il secondo business in ordine di grandezza è rappresentato dai 20 milioni di dollari investiti dal gigante del tabacco Philip Morris in Syqe Medical, una startup israeliana che produce, attingendo anche finanziamenti pubblici, inalatori di cannabis con la stampante 3D.
Al terzo posto in ordine di grandezza dell’affare, si colloca l’affare da 15 milioni di dollari con cui il fondo Cap-Meridian Ventures ha finanziato Med Men, società californiana che offre agli operatori del settore cannabis, preziosi servizi di consulenza e management (che organizzazione, mentre lei continua a fumare) intorno alle attività di coltivazione, estrazione, produzione e vendita al dettaglio (ebbene si, serve anche questo).
In ogni caso, il leggero declino dello scorso anno, non sembra allarmare gli operatori del mercato, anche perché alcune startup hanno addirittura optato per il big jump: 6 le quotazioni in Borsa di società attive nel settore negli ultimi due anni.

Non solo business

E poi, come poteva mancare nella nostra lista ( lei intanto lentamente svanisce), l’ illustre social network, ossia MassRoots, che mette in comunicazione gli utilizzatori di cannabis a scopo terapeutico permettendo loro di recensire prodotti e rivenditori,  o la prima società accolta sul New York Stock Exchange Innovative Industrial Properties che investe in proprietà immobiliari e terriere votate alla coltivazione di marijuana.
Il mondo gira e girando muta completamente gli orizzonti come se a girare fossero gli eventi intorno alla sua orbita. Avanti, indietro, su e giù, consuetudini, rasta ed occhiali scuri, l’occhio che osserva, la mano che rulla, il fuoco che scioglie ed il dolore, ovunque esso sia che vola via.
Si potrebbe giustificare in mille modi, forse troppi ma l’unico è quello, il più antico del mondo, come una morsa che ti afferra, tira e fracassa. E poi solleva l’anima. E’ questa la verità che le pregiate toghe, fuorviate da altre con i sandali ai piedi, lo accettino o meno.
Per dirla alla Bob: “Coltivare erba non è legale? Se è Dio che ce l’ha data allora vuoi dire che anche Dio non è legale?” (ed inizia di nuovo il giro, comunque vada). Ipse dixit.

Mariano Fergola

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