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Cannabis, videogiochi e omicidi: la tela dell’assassino

Cannabis, videogiochi e omicidi: la tela dell’assassino

E se ci fosse una relazione, tra l’ uso di cannabis ed i violenti episodi di omicidio, quotidianamente presenti nei fatti di cronaca? La domanda, in ogni caso, malgrado la paradossalità, non è affatto peregrina. Invero, non sono pochi i casi in cui le due cose sono conseguenti l’una all’altra, quasi come se il primo fosse un logico epilogo all’evento delittuoso.
La ritualità del folle assassino, quasi come se stesse terminando la raffigurazione del proprio macabro disegno criminale è sbalorditivamente sempre la stessa: dopo aver massacrato genitori, figli o un intero gruppo di persone, il sicario di turno si rifugia nella droga o, come talvolta è accaduto, anche nei videogames.
A tal proposito, appare emblematico il caso dei due ragazzi nel ferrarese, nel quale i giovani assassini, dopo aver ucciso i genitori di uno dei due, si sarebbero rifugiati, almeno secondo quanto si apprende dalle cronache, negli spinelli e nella PlayStation: un modo per scaricarsi e dimenticare quello che avevano appena fatto. Ma a pensarci bene, quante volte effettivamente l’ “erba” è stata utilizzata per rilassarsi e superare con tranquillità quello che si è appena vissuto? O meglio quanti fumatori di spinelli (abituali o meno), traggono da questa consuetudine, solamente la possibilità di poter evadere dalla quotidiana esperienza?

Le macabre storie

Ripercorrendo le passate vicende, come potremmo non ricordare l’utilizzo che di cannabis faceva Rudy Guede, l’ivoriano reo confesso di aver stuprato Meredith Kercher (anche lei accusata di farne uso insieme ad Amanda), studentessa inglese in Italia, avvenuto nella notte del 1º novembre 2007?
E ancora, chi non ricorda le parole di Vincenzo Paduano, in carcere per l’omicidio di Sara Di Pietrantonio: “Non saprei ricostruire perfettamente la scena, ho dato una versione nei giorni scorsi, probabilmente ne darò altre. Mi sono state proposte delle ipotesi su come potrebbe essere andata la vicenda, io ne ho in mente varie, non so quale sia quella vera. Faccio uso di cannabis. Il quantitativo di stupefacente che mi è stato ritrovato ce l’ho da Natale e solo per mio uso personale. Non mi è chiaro quanto accaduto. Sono certo che non era un gesto premeditato perché mai avrei voluto farle del male”. Il folle omicida, dopo aver strangolato e dato fuoco all’ex fidanzata, non riuscì, poi, neanche a ricordare l’accaduto.
Poche ore dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre che provocarono 130 morti, Salah Abdeslam mangiò patatine fritte e fumò canne con alcuni studenti di un liceo di Chatillon, sobborgo a sud di Parigi. E’ quanto hanno fu rivelato sette mesi dopo da alcuni di quei ragazzi che al Nouvel Observateur descrissero quel folle kamikaze, come un giovane simpatico e calmo.

Videogames ed assassini

Nel caso dell’omicidio di Pierangela Gareffa, invece, nel dicembre del 2014 rientra il caso dei videogiochi. L’assassino, infatti, avrebbe potuto salvare la donna e invece di accompagnarla in ospedale, che tra l’altro distava solo un centinaio di metri dal luogo del delitto, ha preferito giocare diverse ore alla Playstation, per poi chiedere aiuto ai vicini e chiamare un’ambulanza solo all’una di notte.

Anche negli Stati Uniti, non vi sono pochi casi: c’è chi, per esempio, lascia morire il proprio figlio di stenti per giocare alla PlayStation: Cody James non aveva mai staccato gli occhi dalla tv, aveva continuato a giocare ai videogame per ore mentre il suo piccolo di tre mesi gemeva straziato dai morsi della fame. È morto senza che nessuno si curasse di lui il piccolo Lucian, abbandonato a se stesso, con due genitori che si lamentavano soltanto di quanto piangesse senza dargli mai le cure necessarie.
Ci sono figli che muoiono per mano dei genitori e poi, come il più menzognero gioco del destino, genitori che vengono uccisi dai figli. E’ il caso di Mike Holton, ex sindaco della città di Eclectic, in Alabama, e la moglie April, che erano tornati a casa trovandola devastata dopo un party a base di marijuana organizzato dal figlio diciassettenne Jesse Madison Holton. Non solo. Sparse per la villa, infatti, c’erano tracce di marijuana che hanno scatenato la rabbia dei genitori. Mike ha estratto delle manette da un cassetto e ha bloccato Jesse. Poi ha chiamato la polizia denunciando quanto era accaduto nel suo appartamento. Le cose però sono sfuggite di mano. Jesse è riuscito a liberarsi, ha preso la pistola del padre e ha fatto fuoco contro i genitori: un colpo di pistola alla testa di entrambi che si è rivelato fatale.
E’ che talvolta la vita sfugge di mano e non sempre la causa si trova al di fuori di ciò che vivifica dentro. Un videogames no fa un assassino come una canna non forgia santi. La cruda verità.

Mariano Fergola

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