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Coltivazione della canapa: le novità della legge 242/2016

Dici “cannabis”, e nella maggior parte dei casi il primo pensiero va immediatamente all’omonimo stupefacente. Ma è riconosciuta ormai da tempo la lunga serie di effetti “benefici” che deriva proprio dalla coltivazione della canapa, e per giunta nei settori più disparati. Anche il Legislatore italiano sembra averne preso consapevolezza, come dimostrato dalla L. 242 del 2016.

Dal 14 Gennaio scorso è entrata in vigore una legge con la quale è stato preso in considerazione un particolare aspetto legato alla coltivazione della canapa in Italia nonchè all’eventualità di utilizzo e commercializzazione di suoi prodotti derivati. Si tratta della L. 242/2016, recante “disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa”.

I meccanismi promozionali

La legge sopra ricordata può essere idealmente suddivisa in due parti, per le quali le parole chiave sembrano essere “promozione” e “legalità”. Diversi infatti sono i meccanismi incentivanti previsti. In primo luogo si evidenzia l’impegno del Ministero delle Politiche agricole e forestali nel promuovere un vero e proprio “sistema di qualità”, con riguardo ai prodotti alimentari. E’ chiaro qui il riferimento alle norme di cui al Regolamento dell’Unione Europea 1305/2013, che assicurano sostegno proprio a quelle imprese agricole che partecipano a regimi di qualità (ad esempio assicurando una continua certificazione, una qualità superiore per i prodotti realizzati, ecc.): un occhio quindi, anche qui, alla tutela dei consumatori.

Non mancano inoltre incentivi “diretti”, consistenti cioè nella destinazione di risorse economiche -con cadenza annuale ed entro un tetto specifico- sia al miglioramento delle condizioni di produzione e trasformazione nella filiera della canapa, sia allo sviluppo – con l’adozione di un decreto ad hoc-di progetti di ricerca e sviluppo.

Le misure incentivanti tendono a coinvolgere anche enti diversi da quello statale: oltre allo Stato, anche le Regioni e le Province autonome possono infatti intervenire per la promozione e la formazione a favore di coloro che operano nel settore della canapa anche solo pubblicizzando le qualità dei relativi prodotti.

I limiti

Come già detto, il Legislatore ha inteso si “incoraggiare” la coltivazione della canapa, ma esclusivamente nel rispetto di precise prescrizioni: a ciò sono dedicate le prime norme della legge 242 (artt. da 1 a 5). In primis vi è l’ovvia riferibilità a tutte le varietà di canapa non elencate nel Testo Unico sugli stupefacenti (ed al contrario annoverate nella direttiva UE 2002/53), per le quali quindi la coltivazione sarà consentita senza una doverosa autorizzazione ed al fine di ottenere prodotti dall’utilità più variegata: dal materiale utile per la bonifica di siti inquinati ai semilavorati destinati a forniture industriali ed attività artigianali, passando per cosmetici ed alimenti.

A ciò si aggiunge la previsione di obblighi a carico del coltivatore. Essi consistono essenzialmente nella conservazione dei cartellini della sementa comprata- e delle relative fatture- per un periodo non superiore ai 12 mesi. Il contenuto di THC- uno dei più conosciuti principi attivi della cannabis- presente nella coltivazione sembra qui assumere un’importanza “relativa”: se a seguito di controllo a “campione” essa rientrerà nel limite dello 0,6 per cento, basterà il rispetto delle prescrizioni indicate da tale legge per escludere ogni responsabilità a carico del coltivatore interessato. Uguale effetto escludente  potrà realizzarsi anche in caso di superamento del limite dello 0,6 per cento: l’unica differenza è che in tale ipotesi  l’autorità giudiziaria potrà disporre il sequestro o anche la distruzione delle coltivazioni.

I limiti della Legge 242 sono comunque in attesa di perfezionamento: si prevede infatti l’emanazione, entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge, di un decreto del Ministro della Salute la cui funzione sarà quella di stabilire i “limiti massimi di residui di THC ammessi negli alimenti”.

Addio al “proibizionismo”?

La Legge 242/2016 arriva in una fase significativa del dibattito che da anni imperversa in ordine alla completa “liberalizzazione” o meno della cannabis. Proprio dalla fine del mese di Gennaio 2017 sarà possibile acquistare in farmacia una varietà totalmente prodotta in Italia (e precisamente dallo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze),anche se al riguardo sarebbe più appropriato parlare quasi di “esperimento”, visto che si tratterà di una produzione annuale quantitativamente modesta e riguardante l’unica varietà riconosciuta per utilizzo terapeutico.

La Legge 242/2016 sembra idealmente porsi in un rapporto di continuità proprio con la scelta, ormai risalente al 2013, di autorizzare l’utilizzo della cannabis- seppur non in via generalizzata – in ambito sanitario, in particolare prendendo le mosse dalle medesime basi. Infatti, se da un lato è ormai generalmente ed attendibilmente riconosciuta la particolare efficacia della cannabis quanto meno nel contrastare alcuni effetti di patologie particolarmente gravi (come glaucoma e sclerosi multipla), allo stesso modo non può negarsi ormai un analogo riconoscimento per la coltivazione della canapa in altri contesti ugualmente delicati. E a confermarlo è il Legislatore stesso, che con tale provvedimento intende proprio sostenere e promuovere la coltivazione e filiera di una “…coltura in grado di contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e alla perdita di biodiversità” (art.1).

Antonio Cimminiello 

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