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Sul diritto dell’assicurato alla refusione delle spese di lite

Sul diritto dell’assicurato alla refusione delle spese di lite.

Ci sono alcune norme che, nonostante la chiarezza del dettato normativo, stentano a trovare corretta applicazione nel diritto vivente e richiedono continue  precisazioni da parte della Corte  nomofilattica. Tra queste l’art. 1917, comma terzo, c.c., ai sensi del quale: “Le spese sostenute per resistere all’azione del danneggiato contro l’assicurato sono a carico dell’assicuratore nei limiti del quarto della somma assicurata. Tuttavia, nel caso che sia dovuta al danneggiato una somma superiore al capitale assicurato, le spese giudiziali si ripartiscono tra assicuratore e assicurato in proporzione del rispettivo interesse.”

La norma, se letta, come sempre dovrebbe essere, sotto l’ombrello dei principi generali che regolano il nostro ordinamento, appare quantomai chiara. Risulta allora sorprendente scoprire una produzione giurisprudenziale tanto ricca, fatta di imbarazzanti omissioni delle Corti di merito in ordine alle richieste di diritto al rimborso delle spese a favore dell’assicurato[1] e, di contro tesi,  parimenti non condivisibili,  per cui vi sarebbe un diritto “alla refusione delle spese di resistenza “in ogni caso””[2] .

La norma, avente ad oggetto tutti i casi in cui vi è un rapporto assicuratore-assicurato, ha portata ampissima.

Appare opportuno richiamare i principi ribaditi dalle più recenti ed interessanti pronunce di legittimità e di merito in ordine alla natura e applicabilità (e, quindi, ai limiti alla stessa) dell’art.1917, comma 3, cc.

E’ bene partire dalla precisazione, tanto ovvia quanto fondamentale, che a seguito della stipula di contratto di assicurazione della responsabilità civile, l’assicurato ha diritto: 1) ad essere tenuto indenne dalle pretese risarcitorie del terzo; 2) a veder l’assicuratore prendersi carico delle spese sostenute per resistere all’azione del danneggiato, con i limiti indicati dalla norma. L’ ipotesi sub 1), regolata dal primo comma dell’art. 1917 cc “scaturisce da un fatto illecito ed ha ad oggetto una obbligazione indennitaria che, essendo ricalcata quantitativamente sul debito dell’assicurato verso il terzo, è necessariamente illiquida. Questa è la ragione per cui si è sempre affermato, da parte di questa Corte, che nell’assicurazione della responsabilità civile la prescrizione del credito dell’assicurato verso l’assicuratore inizia a decorrere solo quando il debito del primo verso il terzo danneggiato sia divenuto liquido ed esigibile”[3].

La sentenza appena citata, esemplare per chiarezza e puntualità, prosegue ribadendo alcuni principi fondamentali in ordine alla garanzia ex art. 1917, comma 3, cc.

In primo luogo la Suprema Corte si sofferma sulla natura della detta garanzia: “La seconda delle suddette garanzie (rimborso delle spese di resistenza) ha fonte e natura diverse dalla prima. Ha ad oggetto il rimborso di una perdita pecuniaria, e non la manleva dalle conseguenze d’un fatto illecito; costituisce un’assicurazione contro le perdite pecuniarie e non un’assicurazione di responsabilità; non presuppone la commissione di alcun illecito aquiliano da parte dell’assicurato; le due garanzie di cui si discorre, infine, non sono tra loro dipendenti, e la seconda può sussistere anche se manchi la prima, come nel caso in cui la domanda proposta dal terzo danneggiato verso l’assicurato venga rigettata”.

Corollario, di evidente rilevanza pratica, è che, al contrario di quanto previsto per la fattispecie di cui al comma 1 (che necessita di richiesta risarcitoria da parte del terzo, oltre ad essere sottoposta all’effetto sospensivo ex art. 2952, comma 4 cc),  per esercitare il diritto alla rifusione delle spese di resistenza “l’assicurato non ha ovviamente necessità di attendere alcuna richiesta da parte di terzi; il suo diritto può essere fatto valere nel momento stesso in cui sorge il debito dell’assicurato di pagamento dell’onorario al legale, e quindi al più tardi al momento di ultimazione della prestazione professionale; infine, per definizione il debito dell’assicurato verso il legale è di pronta liquidazione, essendo regolato dalla tariffa forense. Ne consegue che, essendo il debito dell’assicurato verso i legali che l’hanno assistito liquido ed esigibile a partire dal momento di esecuzione dell’incarico professionale, è da tale momento che l’assicurato può far valere il suo diritto alla rifusione delle spese di resistenza.”
L’importanza attribuita dal Legislatore del 1942 alla norma in commento si rileva, altresì, dalla lettura dell’art. 1932 cc, comma 1, che ricomprende l’art. 1917 cc, comma terzo tra le norme che “non possono essere derogate se non in senso più favorevole all’assicurato”, con la conseguenza che ogni pattuizione contraria  è nulla e il contratto eterointegrato ex artt. 1339 e 1419 cc.

Deriva da quanto detto che la società di assicurazione è certamente libera di gestire direttamente la lite, ma ciò non intacca il principio per cui risulta “altrettanto ovvio che l’assicurato, il quale, nell’inerzia dell’assicuratore, si costituisca e risulti vincitore ha tenuto un comportamento che ha favorito lo stesso assicuratore; ed ha sostenuto spese che rientrano, sia pure in una forma particolare, nei c.d. obblighi di salvataggio di cui all’art. 1914 c.c., comma 2. Questa Corte, d’altra parte, ha già riconosciuto che dall’art.1917c.c., comma 3, discende l’obbligo, per l’assicuratore, di sopportare le spese di lite sofferte dall’assicurato anche nel caso in cui nessun danno venga riconosciuto al terzo, presunto danneggiato, che ha promosso l’azione (v., sul punto, la sentenza 15 gennaio 1985, n. 59, ripresa dalla più recente sentenza 28 febbraio 2008, n. 5300).”[4]

Dalle sentenze appena richiamate si intravede la ratio posta alla base della disposizione in commento, sintetizzata limpidamente dalla Suprema Corte: “Nell’assicurazione per la responsabilità civile, la costituzione e difesa dell’assicurato, a seguito dell’instaurazione del giudizio da parte di chi assume di aver subito danni, è svolta anche nell’interesse dell’assicuratore, ritualmente chiamato in causa, in quanto finalizzata all’obbiettivo ed imparziale accertamento dell’esistenza dell’obbligo di indennizzo.”[5]

Se, da un lato, da ciò deriva che “anche nell’ipotesi in cui nessun danno venga riconosciuto al terzo che ha promosso l’azione, l’assicuratore è tenuto a sopportare le spese di lite dell’assicurato, nei limiti stabiliti dall’art. 1917, terzo comma, c.c.; vale a dire nei limiti del quarto della somma assicurata”[6] , dall’altro tale principio segna il limite interno della norma.

Come accennato all’inizio di questo breve contributo, infatti, l’art. 1917 cc va letto alla luce dei principi generali che governano il nostro ordinamento e, nella specie, alla luce degli artt. 1175 e 1375 cc, dovendo le parti (assicuratore ed assicurato) rapportarsi reciprocamente secondo correttezza e buona fede, a tali principi dovendosi ispirare nell’esecuzione del contratto di assicurazione. Ferma è la Giurisprudenza di Legittimità nel ribadire il dovere di entrambe le parti del rapporto obbligatorio, di agire in modo da preservare i reciproci interessi, dovere che trova copertura costituzionale nel dovere di solidarietà di cui all’art. 2 Cost. Ebbene, recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione[7] ha ricordato che “Con riferimento al nostro caso, l’applicazione di tali principi impone all’assicurato di non avvalersi della facoltà di resistere in giudizio, se ciò non solo non possa arrecargli vantaggio alcuno, ma anzi esponga l’assicuratore all’onere di rifondere all’assicurato spese avventatamente sostenute.” e affermando l’infondatezza del proposto motivo di ricorso per cassazione  “nella parte in cui pretenderebbe che l’assicurato abbia diritto a ripetere dal proprio assicuratore le spese di resistenza anche quando non avesse interesse a resistere all’azione del terzo danneggiato: e ciò per le medesime ragioni appena indicate al precedente”.

Si riporta, infine, la sentenza n.251 del 28.1.2015 del Trib.le di Torre Annunziata che, partendo dai principi sopra riportati, ha precisato che  “Quanto sopra resta valido, naturalmente, purché la garanzia assicurativa dedotta dei contratto sia applicabile alla domanda risarcitoria del danneggiato. Per cui, se venisse accolta la domanda di risarcimento verso l’assicurato, ma non quella dell’assicurato verso l’assicuratore per carenza della copertura assicurativa, quest’ultimo non risponderà delle spese di giudizio (la fattispecie della responsabilità civile autoveicoli, invece, segue altre caratteristiche normative). Se poi, sempre in ipotesi di rigetto della pretesa risarcitoria verso l’assicurato, sussistano, comunque, i termini circa l’operatività della copertura assicurativa, saranno a carico del danneggiato (attore) soccombente sia le spese sostenute dall’assicurato sia quelle di resistenza dell’assicuratore (salva sempre la compensazione ex art. 92 c.p.c.). Qualora, invece, la chiamata in garanzia, da parte dell’assicurato verso l’assicuratore fosse infondata, resteranno a carico dell’assicurato le relative spese di chiamata in causa e quelle sostenute dall’assicuratore per la propria difesa (Cass. n. 10023 del 2004). Nel contratto di assicurazione per la responsabilità civile (tranne che per l’r.c.a con apposita normativa), quindi, si realizza una dicotomia tra il pagamento delle spese di giudizio ed il risarcimento verso il danneggiato, da cui l’obbligo di manleva delle spese sostenute dall’assicurato e non quelle dei danneggiati (Cass. n. 103 del 1999). I danneggiati infatti, in assenza della norma speciale prevista dall’art. 144 del Codice delle Assicurazioni (in tema di “azione diretta del danneggiato nell’R.C.A.), possono agire solo verso il responsabile (assicurato) e non possono convenire in giudizio l’assicuratore né chiamarlo in causa durante il processo contro l’assicurato (Cass. n. 8885 del 2010)”, ribadendo il principio per cui la norma di cui all’art.1917, comma 3, c.c. non riguarda il regime e la misura delle spese Giudiziali relative alla controversia tra assicuratore ed assicurato circa la fondatezza dell’azione di garanzia, che vanno liquidate nell’intero semplicemente secondo il principio della soccombenza, ma soltanto le spese direttamente sostenute dall’assicurato per resistere alla pretesa del terzo ovvero quelle che l’assicuratore direttamente assume di sé quale gestore della lite.

Ciro Coticelli

[1]     cfr sentenza di merito cassata con Cass. civ., sent. 12984 del 23.6.2015
[2]     cfr motivo di ricorso, rigettato, in Cass. civ., sent. 5479 del 19.3.2015
[3]     Cass. civ., sez. III, sent. 3899 del 29.2.2016
[4]     Cass. civ., sez. III, sent. 7087 del 9.4.2015
[5]     Cass. civ., sez. III, sent. 12894 del 23.06.2015
[6]     Cass. civ., sez. III, sent. 19176 del 11.9.2014
[7]     Cass. civ., sez. III , sent. 5479/2015

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