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Mafia capitale, pubblicate le motivazioni della sentenza: nessuna mafiosità autonoma o derivata

Pubblicata la sentenza sul processo Mafia capitale. 3200 pagine di motivazioni con cui i giudici del tribunale spiegano perché agli esponenti del cosiddetto “mondo di mezzo” non possa applicarsi  né il 416 bis, né l’aggravante del metodo mafioso prevista dall’art. 7 d.l. 152/1991.

Il Tribunale «non ha individuato, per i due gruppi criminali», quello presso il distributore di Corso Francia e quello riguardante gli appalti pubblici, «alcuna mafiosità “derivata” da altre, precedenti o concomitanti formazioni criminose». Per i giudici le due associazioni non sono caratterizzate neppure da mafiosità «autonoma».

I giudici romani specificano che il concetto di «mafiosità»,  cui più volte ha fatto riferimento la Procura guidata da Pignatone «non è quello recepito dal legislatore nella attuale formulazione della fattispecie di cui all’art. 416 bis c.p. per la quale, come già detto, non è sufficiente il ricorso sistematico alla corruzione ed è invece necessaria l’adozione del metodo mafioso, inteso come esercizio della forza della intimidazione». Secondo i giudici non sarebbe peraltro possibile «tenere conto, ai fini della configurazione del reato di cui all’art. 416 bis c.p., di eventuali condotte qualificabili come “riserva di violenza”, condotte che possono riguardare soltanto le mafie “derivate”, le uniche in grado di beneficiare della intimidazione già praticata dalla struttura di derivazione».

Inoltre, si legge nella sentenza, «non è possibile stabilire una derivazione tra il gruppo operante presso il distributore di benzina, l’associazione operante nel settore degli appalti pubblici e la banda della Magliana, gruppo criminale organizzato e dedito ad attività criminali particolarmente violente e redditizie che ha operato nella città di Roma, ramificandosi pesantemente sul territorio, oltre 20 anni orsono, tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli anni 90».

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