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Concessione edilizia: l’annullamento è legittimo anche se interviene dopo molti anni

L’attività amministrativa è “normalmente” divisa tra la cura ottimale dell’interesse pubblico e il minor sacrificio di quelli privati. La pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 8/2017 circoscrive la rilevanza del fattore “tempo” sull’esercizio dell’ autotutela.

Con la sentenza 8/2017 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato offre un’interessante interpretazione dell’art. 21-NONIES della Legge sul procedimento amministrativo n° 241/1990, che disciplina l’esercizio del potere di annullamento in autotutela di provvedimenti illegittimi.

Il caso

Nel 2008 il Comune di Giovinazzo (BA), a seguito di alcuni sopralluoghi avvenuti tra il 2007 e il 2008, emanava un’ordinanza con la quale annullava una precedente concessione edilizia in sanatoria rilasciata ben 9 anni prima, nel 1999, in virtù del riscontro della trasformazione dell’originaria opera abusiva da guardiania- per la quale unicamente era intervenuta la sanatoria- ad esercizio commerciale. Il ricorso contro l’ordinanza presentato dai suoi destinatari veniva respinto dal TAR Puglia con sentenza del 2010. Il giudice di primo grado evidenziava l’esistenza di “una situazione permanente contra ius”, che viziava da sempre la concessione edilizia, emanata infatti sulla base di una prospettazione dello stato dei luoghi errata da parte degli interessati, e quindi di un classico difetto di istruttoria.

La sentenza esclude inoltre il ricorrere di un legittimo affidamento in ordine alla stabilità e legittimità della concessione ingenerato dal trascorrere del tempo. Il requisito della buona fede infatti – centrale in tale ipotesi- manca in virtù del fatto che i privati stessi avevano ingenerato la situazione di illegalità censurata.

A seguito di successiva impugnazione in appello della sentenza del Tribunale pugliese, la Quarta Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza dell’Aprile 2017, ravvisava un contrasto giurisprudenziale Ci si chiedeva cioè “…se, nella vigenza dell’art. 21-NONIES L. 241/1990, l’annullamento di un provvedimento illegittimo, intervenuto ad una distanza di tempo considerevole dal provvedimento annullato, debba o meno essere motivato in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico valutato in concreto, indipendentemente dalla circostanza che il comportamento dei privati possa avere determinato o reso possibile il provvedimento illegittimo”, anche alla luce delle modifiche alla norma introdotte dalla L. 124 del 2014 (che prescrive l’esercizio dell’annullamento in autotutela entro il termine di 18 mesi ed un esercizio anche successivo ma soltanto in presenza di false rappresentazioni accertate con sentenza penale passata in giudicato).

La soluzione dell’Adunanza Plenaria: “l’alleggerimento” dell’onere motivazionale

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, nel dare la parola definitiva sul dibattito sopra indicato con la sentenza 8/2017, prende le mosse dalle peculiarità legate alla disciplina urbanistico-edilizia e degli interessi coinvolti.

Sicuramente “il decorso di un considerevole lasso di tempo dal rilascio del titolo edilizio– si legge nella sentenza- onera l’amministrazione del compito di valutare motivatamente se l’annullamento risponda ancora ad un effettivo e prevalente interesse pubblico di carattere concreto ed attuale”.

La particolare pregnanza degli interessi coinvolti in tale ambito giustifica tuttavia un’attenuazione dell’onere motivazionale , il quale sarà legittimamente soddisfatto anche “…attraverso il richiamo alle pertinenti circostanze in fatto e il rinvio alle disposizioni di tutela che risultano in concreto violate”.  E tale onere sarà ancor di più alleggerito qualora il provvedimento annullato sia stato emanato sulla base di false prospettazioni del privato interessato: basterà in tal caso allegare “…la rilevata non veridicità delle circostanze a suo tempo prospettate dal soggetto interessato”.

“Termine ragionevole” e conoscenza concreta dell’illegittimità

L’Adunanza Plenaria chiarisce inoltre che il termine ragionevole di cui all’art. 21-NONIES non può cristallizzarsi una volta per tutte, ma dovrà determinarsi tenendo conto del “…complesso delle circostanze rilevanti nel caso di specie”, decorrendo soltanto “…dal momento in cui l’amministrazione è venuta concretamente a conoscenza dei profili di illegittimità dell’atto”, conoscenza questa che nel caso di specie si era acquisita solo pochi anni prima dell’emanazione del provvedimento di secondo grado.

La rilevanza del “fattore tempo”

E’ importante ricordare che da un lato la sentenza 8/2017 fissa un principio di diritto- in tema di “termine ragionevole” di esercizio dell’annullamento in autotutela- prendendo in considerazione il testo dell’art. 21-NONIES antecedente alla sua riforma del 2015 – e quindi tutte le vicende che ancora rientrano sotto la sua vigenza-  che, come già detto, ha fissato un termine generale di 18 mesi e conferma il trend legislativo che dà rilevanza al fattore tempo, sia in termini di tutela di affidamento legittimo in ordine alla stabilità dei provvedimenti amministrativi, sia di garanzia di certezza dei tempi per l’attività pubblicistica. Dall’altro lato la medesima pronuncia offre spunti interessanti circa la precisa configurazione che deve avere quella parte dell’atto – la motivazione- che rappresenta lo strumento di “controllo” del corretto esercizio del potere amministrativo.

Antonio Cimminiello

 

 

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