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Il decreto di esproprio “tardivo” non determina l’illegittimità della procedura

Il decreto di esproprio, emesso dopo la scadenza della dichiarazione di pubblica utilità, non ne determina l’automatica tardività e, di conseguenza, l’illegittimità della procedura espropriativa. Ciò in quanto possibili proroghe degli effetti dei decreti di occupazione d’urgenza possono preservare l’efficacia della procedura ablatoria.

È quanto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con la recente sentenza n. 19081 del 1 agosto 2017.
Nel provvedimento dichiarativo della pubblica utilità dell’opera devono essere fissati i termini di inizio e di compimento e dell’espropriazione e dei lavori.
La ratio perseguita dal legislatore è quella di restituire legittimità ad occupazioni d’urgenza divenute inefficaci o illegittime, sempre se l’obiettivo di recupero della procedura espropriativa sia ancora conseguibile.
Nel caso in esame, il procedimento espropriativo si è protratto nel tempo.
All’individuazione delle aree con la sola iniziale dichiarazione di indifferibilità ed urgenza delle opere, è stata aggiunta l’idoneità per la dichiarazione di pubblica utilità.

L’art. 13 L. 25 giugno 1865 n. 2359 disciplina la normativa.
Essa evita non solo che si protragga indefinitamente l’incertezza sulla sorte dei beni espropriandi.
Ma anche che si eseguano opere non più rispondenti, per il decorso del tempo, all’interesse generale. Va considerato che il decreto di esproprio è connotato da un termine ordinatorio e non perentorio.
Attraverso l’applicazione dell’art. 9 del D.Lgs. n. 354/99 è stata disposta la proroga biennale dei termini di efficacia dei decreti di occupazione di urgenza.
La proroga ha operato a prescindere dalla legittimità dell’occupazione al tempo della sua entrata in vigore.

Dott. Iacopo Correa

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