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Incidente durante una battuta di caccia: ritiro del porto d’armi

Il cacciatore che provoca, anche involontariamente, un incidente durante la battuta di caccia è soggetto al ritiro del porto d’armi.

battuta di cacciaLa battuta di caccia: il luogo ideale per dare vita ad un delitto perfetto. Spesso, infatti, è difficile capire se una sparatoria che provoca ferite a qualcuno durante la battuta di caccia avvenga per semplice “distrazione” del cacciatore o perché, in realtà, vi è un disegno criminale da attuare.

Ed è quanto è accaduto a F. G. un cacciatore toscano che, durante una battuta di caccia, accidentalmente ha ferito un suo collega cacciatore.

IL CASO. A seguito del ferimento involontario a danno di una persona durante una battuta di caccia, la Prefettura di Pistoia aveva vietato a F. G. la detenzione di armi e materie esplodenti e la Questura aveva rilasciato il decreto di revoca della licenza di porto di fucile uso caccia.

Il cacciatore aveva impugnato i provvedimenti innanzi al T.A.R. Toscana appellandosi al R.D. n. 773/2013 secondo il quale un incidente accidentale durante una battuta di caccia non comporta una valutazione negativa in ordine all’utilizzo delle armi se l’interessato non manifesta problemi di natura psichica.

Il T.A.R. Toscana aveva respinto il ricorso adducendo che le autorizzazioni di polizia sono caratterizzata da ampia discrezionalità a tutela della sicurezza pubblica e che l’episodio posto a base dei provvedimenti gravati era avvenuto poiché il cacciatore aveva esploso accidentalmente un colpo mentre mirava ad un cespuglio: fatto di per sé stesso idoneo per dubitare sulla sua diligenza nell’utilizzo delle armi. 

F. G., non arrendendosi, aveva appellato la sentenza breve n. 114/2016 del T.A.R. Toscana innanzi al Consiglio di Stato contestandone la motivazione.

Secondo il cacciatore, infatti, non si era tenuto conto delle sue condizioni psicologiche e la sanzione data violava il principio di proporzionalità.

IL VERDETTO. Il Consiglio di Stato, tuttavia, ha respinto il ricorso con la sentenza n. 331/2017

Secondo i giudici, infatti, la ricostruzione data dal cacciatore era chiara e ben precisa: mentre era a caccia, aveva visto “qualcosa” muoversi dietro un cespuglio; mentre si stava avvicinando per verificare cosa vi fosse, accidentalmente gli partiva il colpo dal fucile e solo allora si accorgeva che dietro il cespuglio, in realtà, non c’era un animale bensì un suo collega cacciatore.

Ciò che rileva, quindi, non è il momento temporale in cui è stato sparato il colpo (se puntando al cespuglio o in fase di avvicinamento) bensì l’imprudenza con la quale il cacciatore teneva il fucile in mano: cosa che lo ha reso una persona inaffidabile davanti agli occhi del giudice.

Nelle motivazioni del provvedimento, inoltre, i giudici specificano che proprio l’inaffidabilità all’uso delle armi giustifica i provvedimenti emessi dalla Prefettura e dalla Questura. Per l’emissione degli stessi, infatti, non è richiesta la prova storica di un “abuso delle armi” essendo sufficiente l’esistenza di elementi concreti che fondino la ragionevole previsione dell’abuso.

Rosa d’Aniello

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