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8.000 euro di telefonate a carico del datore di lavoro? Licenziamento legittimo anche in caso di depressione

La Cassazione con la sentenza n. 3315 del 2018 ha stabilito che un dipendente che utilizza il telefono aziendale per fare delle chiamate private per un importo di 8mila euro è licenziabile anche se è depresso. Utilizzare gli strumenti aziendali per fini privati creando un danno economico al datore di lavoro non è giustificabile con lo stato psicologico del dipendente. La Suprema corte ha così confermato il licenziamento come disposto dalla Corte d’appello di Roma.

Licenziamento dipendente Telecom

Il dipendente della Telecom aveva effettuato una lunga serie di chiamate private per cui non era autorizzato che sono costate complessivamente all’azienda 8mila euro. Il dipendente si fermava nei locali aziendali prima delle 8 del mattino e dopo l’orario lavorativo. Pare che il soggetto fosse all’epoca affetto da depressione dovuta anche in parte all’atteggiamento mobbizzante del datore di lavoro. La Corte d’appello aveva valutato che il ricorrente non era, all’epoca dei fatti definibile depresso e quindi, la tesi per cui il dipendente avesse la necessità di sentire delle “voci amiche in momenti difficili della giornata” non poteva essere accolta. E nel caso questo stato psicologico fosse stato presente, il dipendente avrebbe dovuto rivolgervi a degli specialisti per iniziare una cura.

Il dipendente ritiene che la sentenza della Corte d’appello non sia adeguata e ricorre alla Suprema corte.

Licenziamento legittimo anche se il dipendente è depresso

La Corte di Cassazione sostiene che il ricorso è infondato in quanto “anche se si ammettesse che il ricorrente all’epoca dei fatti fosse affetto da depressione – nulla gli avrebbe impedito di ricorrere alle cure, e cioè come già accennato- che anche una situazione di particolare fragilità psichica del lavoratore – per mera ipotesi argomentativa ascrivibile al datore di lavoro- non legittimerebbe comportamenti come quelli contesti e cioè l’indebito uso di mezzi del datore di lavoro, la cui contrarietà alla correttezza e buona fede è intuitiva.”

Maria Rita Corda

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