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Facebook: multata una mamma per avere postato le foto del figlio

Quante volte ci è stato raccomandato di non inserire su Facebook e sui social network, in genere, le foto dei nostri figli, soprattutto minori? Tantissime volte.

Lo raccomanda la Polizia postale, lo ribadiscono i Pedagogisti e gli esperti del mondo dell’infanzia. Non si tratta di raccomandazioni anacronistiche, ma di indicazioni giustamente rispettose del minore, della sua privacy, per evitare la lesione della sua immagine, la mancanza di rispetto riferita alla sua volontà e tanto altro.

Perchè non si devono postare foto di minori su facebook?

Tale consiglio si rende, altresì,  necessario per evitare che il mercato della pedopornografia possa dilagare attingendo le sue risorse primarie. Infatti, le foto rielaborate, photoshoppate, manipolate con fotomontaggio e diffuse in specifici canali di commercio per il loro acquisto.

Perché, in ogni caso, la foto di quel minore in questi contesti, verrà utilizzata, statene certi per soddisfare il malato voyeurismo di menti perverse che indurranno piacere con la visione situazioni oggettive, per niente edificanti e altamente lesive, dell’immagine del vostro bambino.

E’ inquietante? No, semplicemente veritiero.

Pertanto, tutte quelle mamme fiere del proprio piccolo o felici di esaltare la bellezza della propria bambina, condividendone le immagini con gli amici del proprio profilo Facebook, su Instagram, o su tutti quei social network da piazza virtuale dovranno stare attente ad un pericolo più che reale.

Tantopiù che la legge  tutela i diritti dei minori con diverse norme.

La Carta di Treviso

Nell’ambito giornalistico il diritto alla privacy e alla tutela dell’immagine è garantito dalla Carta di Treviso.

Si tratta di un protocollo con documento e codice deontologico firmato il 5 ottobre 1990 da Ordine dei giornalisti, Federazione nazionale della stampa italiana e Telefono azzurro con l’intento di disciplinare i rapporti tra informazione e infanzia sulla base del rispetto dei principi e dei valori su cui si basa la nostra Carta costituzionale.

Larticolo 96 della legge sul diritto d’autore (datata 1941, decenni prima dell’avvento dei social) prevede che il ritratto di una persona non possa essere esposto senza il suo consenso, salvo eccezioni; l’art. 31, in cui si afferma che la Repubblica s’impegna a difendere l’infanzia e la gioventù; il decreto legislativo sulla privacy del 2003; gli articoli 147 e 357 impongono a madri e padri il dovere di cura e di educazione dei figli, onore che comprende la gestione della loro immagine pubblica.

Non dimenticando la Convenzione sui diritti del fanciullo di New York del 1989 e il regolamento dell’Unione europea del 27 aprile 2016, che entrerà in vigore dal 25 maggio 2018.

Il minore leso, può rivolgersi all’avvocato

E anche se i minori sono “incapaci di intendere e di volere” e la loro volontà viene espressa dai genitori, pubblicare le foto dei figli su Facebook e sui social network, non potrebbe essere vietato poiché padre e madre esercitano la potestà genitoriale e, quindi, sono legalmente responsabili del proprio figlio. In questi casi, però, i genitori devono raggiungere il consenso unanime.

Diversamente si può ricorrere al giudice affinché stabilisca quale delle due decisioni è più conforme agli interessi del minore.  Ma il figlio, anche se minorenne, a maggior ragione se ha superato i 14 anni, sentendosi leso nei propri diritti, può dare mandato a un avvocato per agire contro i genitori. Ricorrendo, infatti, al giudice tutelare, può chiedere la cancellazione di tutte le foto dai questi pubblicati su internet che lo riguardano.

E adesso, veniamo al caso

Utilizzare le foto del figlio, per vari motivi, su Facebook e non ultimo per screditare lo stesso figlio, si rivela alquanto dannoso per il figlio, per la madre e per il benessere della famiglia stessa.

Infatti, è recente la notizia di una madre, “molto social” che pubblica su Facebook le foto del proprio figlio di 16 anni. Il marito le chiede di toglierle, lei non le toglie, non solo perché non vuole, ma perché adduce la spiegazione che essendo il genitore del figlio minorenne, ha il diritto di poterlo fare.

In questo contesto, inoltre, pensare che le foto vengano condivise solo con i “propri amici” social, in quanto la modalità di visione non è pubblica, è un grave errore.

Le foto possono essere accessibili dagli amici e dagli amici degli amici, sino a raggiungere in modo virale una platea di utenti vasta ed incontrollata, nonché incontrollabile nelle reazioni.

Nel nostro caso, le foto, con relativi commenti, divenute virali fanno parlare e rivelano una vita privata che il ragazzo avrebbe preferito che rimanesse tale. Il ragazzo, che desiderava frequentare un percorso di studi all’estero, suggerito dal padre, ostacolato dalla madre, si è visto tirato in ballo dai post che, quotidianamente, la mamma pubblicava.

facebook
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Rispetto per la privacy

Il ragazzo “infastidito del fatto che passi per malato e che i suoi coetanei siano a conoscenza di quanto viene pubblicato sul web sul suo conto”, come si legge nella relazione del 30.5.2017 dei Servizi sociali di Roma, si rivolge ad un legale che avanza richiesta di sentenza al Tribunale di Roma. I genitori del ragazzo, si separano.

La madre, si accanisce nei confronti del figlio, continuando a riportare i particolari della storia familiare su Facebook, paragona il figlio ad un ragazzo che ha ucciso la  fidanzata e si riferisce allo stesso come “a un malato mentale” che va inserito in una comunità, diffondendo tra i coetanei, con dovizia di particolari privati, la vita del figlio.

Cosa ha stabilito il Tribunale?

La Prima Sezione civile del Tribunale di Roma che si pronuncia in questo caso, afferma che, a seguito dell’autorizzazione emessa dal giudice tutelare, il minore già stato autorizzato all’iscrizione nell’ istituto scolastico  statunitense, potrà frequentarlo.

Deve, altresì, essere disposta, a tutela del minore e al fine di evitare il diffondersi di informazioni anche nel nuovo contesto sociale frequentato dal ragazzo, l’immediata cessazione della diffusione da parte della madre in social network di immagini, notizie e dettagli relativi ai dati personali e alla vicenda giudiziaria inerente il figlio. Deve, inoltre, essere previsto che la madre rimuova dai social network immagini, informazioni, ogni dato personale relativo al figlio ed alla vicenda processuale relativa al minore, inseriti dalla stessa in social network, nel termine indicato in dispositivo. Inoltre, per evitare che contenuti analoghi siano diffusi da terzi deve essere autorizzato il tutore a diffidare soggetti terzi, diversi dalla madre, dal diffondere tali  informazioni, nonché deve essere previsto che il tutore richieda anche a terzi la rimozione di tali contenuti e ai gestori dei motori di ricerca di deindicizzare informazioni relative al minore”.

La “mamma social”, infine, dovrà pagare 10mila euro al figlio e provvedere entro il 1 febbraio 2018, alla rimozione di  immagini, informazioni, dati relativi al figlio.

Riflessione finale

La riflessione personale, sia come Giornalista che Pedagogista è che se il giornalista, come tale, deve rispettare un’etica professionale tenendo sempre presenti i principi della Carta di Treviso, ai genitori corre l’obbligo della tutela personale dei figli e della loro immagine senza farsi prendere dalla “frenesia” dell’immagine social.

Molti, purtroppo, sottovalutando pericoli e rischi si “lasciano prendere la mano” mettendo in pericolo coloro i quali dovrebbero, invece, essere tutelati.

Ma un problema ancora più grave, secondo il parere di Pedagogista, è quello riferito alla maturità che i genitori dovrebbero avere prima di diventare tali. Maturità che, oggi, è sempre più rara vivendo in una “società liquida” come afferma il sociologo polacco Zygmunt Bauman.

Selene Grimaudo

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