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Frazionabilità delle domande in caso di più di crediti relativi ad unico rapporto: il punto delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite, con la sentenza 16 febbraio 2017, n. 4090, tornano a comporre il mai sopito contrasto relativo alla (in) frazionabilità della tutela giudiziaria del credito relativa ad un “unico rapporto complesso” fra le parti.

Frazionabilità delle domande in caso di pluralità di crediti relativi al medesimo rapporto: il principio di diritto delle SS.UU

“Le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, anche se relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi. Se tuttavia i suddetti diritti di credito, oltre a far capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti, sono anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o comunque “fondati” sul medesimo fatto costitutivo – sì da non poter essere accertati separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza di una medesima vicenda sostanziale -, le relative domande possono essere proposte in separati giudizi solo se risulta in capo al creditore agente un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata”

Il caso e l’ordinanza di rimessione

Il caso sottoposto al vaglio della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, aveva ad oggetto il ricorso promosso da FCA Italy S.p.A. avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torino con cui veniva accolta la domanda di un ex dipendente volta al ricalcolo del premio fedeltà con inclusione dello straordinario prestato a titolo continuativo.

La società ricorrente, con un unico motivo di ricorso, sosteneva che la domanda proposta dall’ex dipendente fosse in violazione del divieto di abuso del processo per indebito frazionamento del credito, così come affermato dalle SS. UU. n. 23726/2007, in quanto la stessa era stata preceduta da altra domanda volta alla rideterminazione del TFR.

La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, avendo riscontrato che con diverse pronunce della Cassazione, il principio dell’infrazionabilità del credito è stato ritenuto applicabile anche nelle ipotesi di diverse pretese creditorie derivanti dal medesimo rapporto di lavoro, non condividendo, nel contempo, l’equiparazione del fascio di rapporti obbligatori derivanti dal rapporto di lavoro al “rapporto unico” considerato dalle Sezioni Unite del 2007, ha sollecitato la rimessione della questione alle Sezioni Unite.

Frazionabilità delle domande in caso di pluralità di crediti relativi ad unico rapporto: il contrasto

In buona sostanza, il “nodo” che le Sezioni Unite sono state chiamate a sciogliere era relativo alla configurabilità o meno del frazionamento delle pretese creditorie in giudizi diversi, ad opera del lavoratore, una volta cessato il rapporto di lavoro, quale abuso del processo per indebito frazionamento del credito, sanzionabile con l’improponibilità della domanda.

In altri termini, se, una volta cessato il rapporto di lavoro, il lavoratore debba avanzare in un unico contesto giudiziale tutte le pretese creditorie che sono maturate nel corso del suddetto rapporto o che trovano titolo nella cessazione del medesimo e se il frazionamento di esse in giudizi diversi costituisca abuso sanzionabile con l’improponibilita’ della domanda.

Ebbene, la risposta è negativa ad entrambi i quesiti: per un verso, sostiene il Supremo Consesso delle Sezioni Unite, la tesi secondo la quale più crediti distinti, ma relativi ad un medesimo rapporto di durata, debbono essere necessariamente azionati tutti nello stesso processo non trova conferma nella disciplina processuale che, invero, risulta strutturata proprio su ipotesi di proponibilità in tempi e processi diversi di domande intese al recupero di crediti relativi a un unico rapporto complesso fra le parti.

Per altro verso, continuano i Giudici di Piazza Cavour, una previsione generale di improponibilità della domanda relativa ad un credito dopo la proposizione da parte del medesimo creditore di una domanda riguardante altro e diverso credito, relativo ad un unico rapporto complesso, risulterebbe ingiustamente gravatoria della posizione del creditore, costretto ad avanzare tutte le pretese creditorie derivanti da un medesimo rapporto in uno stesso processo e con lo stesso rito, perdendo di conseguenza anche la possibilità di usufruire di riti diversi e più “snelli”, con una cospicua dilatazione dei tempi processuali.

Senza considerare poi, che volendo aver riguardo non solo ai crediti derivanti dai rapporti di lavoro, ma a tutti i crediti riferibili a rapporti di durata, anche tra imprese, l’idea che essi debbano ineluttabilmente essere tutti veicolati – pena la perdita della possibilità di farli valere in giudizio – in un unico processo, meno “spedito” dei processi adeguati per i singoli, differenti crediti, risulta incompatibile con un sistema inteso a garantire l’agile soddisfazione del credito, quindi a favorire la circolazione del danaro e ad incentivare gli scambi e gli investimenti.

Orbene, l’excursus compiuto dalle Sezioni Unite si conclude fornendo una lettura speculare della disciplina codicistica che, pur ipotizzando la proponibilità delle pretese creditorie relative ad un unico rapporto in processi diversi, è univocamente intesa a consentirne la trattazione unitaria: di tale esigenza è espressione la giurisprudenza delle Sezioni Unite nella consapevolezza che la trattazione dinanzi a giudici diversi, in contrasto con il principio di economia processuale, di una medesima vicenda “esistenziale”, sia pure connotata da aspetti in parte dissimili, incide negativamente sulla “giustizia” sostanziale della decisione, sulla durata ragionevole dei processi – in relazione alla possibile duplicazione di attività istruttoria e decisionale – nonché’, infine, sulla stabilità dei rapporti – in relazione al rischio di giudicati contrastanti.

Nel solco, dunque, dell’indirizzo tracciato dalle decisioni pregresse della Suprema Corte, nonché in aderenza al dettato codicistico, le Sezioni Unite, componendo il contrasto creatosi, conclude ritenendo che, se sono proponibili separatamente le domande relative a singoli crediti distinti, pur riferibili al medesimo rapporto di durata, le questioni relative a tali crediti che risultino inscrivibili nel medesimo ambito di altro processo precedentemente instaurato, così da potersi ritenere già in esso deducibili o rilevabili – nonché, in ogni caso, le pretese creditorie fondate sul medesimo fatto costitutivo – possono anch’esse ritenersi proponibili separatamente, ma solo se l’attore risulti in ciò “assistito” da un oggettivo interesse al frazionamento.

L’oggettivo interesse al frazionamento 

La chiave di volta della sentenza in commento è rappresentata dall’interesse oggettivamente valutabile del creditore procedente alla tutela processuale frazionata. Chiariscono i Giudici di Piazza Cavour che non si tratterà quindi di valutare “caso per caso” (in relazione al bilanciamento degli interessi di ricorrente e resistente) l’azionabilità separata dei diversi crediti, né tanto meno si tratterà di accertare eventuali intenti emulativi o di indagare i comportamenti processuali del creditore agente sul versante psico-soggettivistico, ma rileverà solo che il creditore abbia un interesse oggettivamente valutabile alla proposizione separata di azioni relative a crediti riferibili al medesimo rapporto di durata ed inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un ipotizzabile giudicato, ovvero fondati sul medesimo fatto costitutivo.

Ciò si traduce nella facoltà di controdedurre del creditore ad ogni eccezione in tal senso sollevata dal convenuto: laddove quest’ultimo nulla abbia allegato o dedotto in proposito, il giudice che rilevi ex actis la necessità di un interesse oggettivamente valutabile al “frazionamento” e ne metta in dubbio l’esistenza, dovrà indicare la questione ex articolo 183 c.p.c., e, se del caso, riservare la decisione ed assegnare alle parti termine per memorie ex articolo 101 c.p.c.

Frazionabilità delle domande in caso di pluralità di crediti relativi ad un unico rapporto: composizione del contrasto?

La sentenza in commento si pone il mirevole intento di comporre un contrasto giurisprudenziale dovuto da un lato all’inesistenza di una esplicita disposizione che obblighi un lavoratore a far valere contemporeanemente tutti i diritti di credito nascenti dalla conclusione di un rapporto di lavoro, dall’altro dal divieto di abuso dello strumento processuale; da un lato la tutela del giusto processo dall’altro la tutela dell’interesse ad agire anche come scelta relativa alle modalità di proposizione delle domande e, infine, l’esigenza di economia processuale, di ragionevole durata dei processi e di prevenzione del rischio di giudicati contrastanti.

Applicando il principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite, occorrerà verificare, di volta in volta, la sussistenza di un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata: l’eco di questa pronuncia, travalicherà i confini della materia giuslavoristica da cui è nata e sarà destinata ad accendere numerose discussioni nelle aule giudiziarie.

Alessandra Iacono

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