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Malasanità: con la cartella clinica incompleta si presume il nesso causale

Malasanità: la cartella clinica incompleta è ritenuta circostanza di fatto che il giudice può utilizzare per ritenere dimostrata l’esistenza di un nesso causale tra l’operato del medico e il danno patito dal paziente.

Malasanità: anni di cure per un problema odontoiatrico

Due genitori avevano affidato la figlia minorenne, con problemi ortodontici, alle cure di un medico in servizio presso una struttura ospedaliera in provincia di Torino. La dottoressa le aveva prescritto un apparecchio ortodontico che la paziente aveva utilizzato per sei anni sottoponendosi a controlli periodici presso la struttura. Quando la paziente divenne maggiorenne, il medico rilevò la necessità di eseguire un intervento chirurgico al fine di spostare il mascellare, intervento descritto come semplice e di breve durata nonché risolutivo per il problema occlusale. Tuttavia l’intervento di chirurgia maxillofacciale non diede i risultati sperati, lasciando la paziente con la faccia tumefatta, impossibilitata a masticare e con un blocco mascellare. Tali problemi fecero perdere alla ragazza l’anno scolastico e il suo stato di salute peggiorò col passare del tempo.

Malasanità: la causa per i danni subiti

I genitori della ragazza convennero in giudizio l’azienda ospedaliera e i medici coinvolti, chiedendo di accertarsi che a causa della non conformità dell’operato dei medici ai criteri di diligenza professionale, non soltanto non si erano risolte le patologie originarie dalle quali era afflitta la figlia, ma era conseguito un peggioramento della condizione clinica e derivati danni patrimoniali e non patrimoniali dei quali chiedevano il risarcimento. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello di Torino respinsero la domanda. La Corte d’Appello aveva affermato che l’onere della prova del nesso tra le terapie non corrette e il peggioramento della salute incombesse sulla paziente. Di conseguenza la paziente ha proposto ricorso per cassazione.

Malasanità: la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione, con sentenza della terza sezione civile n. 7250/2018, ha accolto il ricorso della paziente. Dall’esame documentale avvenuto durante i procedimenti di merito era emerso che la documentazione sanitaria relativa alle terapie somministrate alla paziente fosse andata smarrita e la cartella clinica risultava incompleta. I giudici della Suprema Corte richiamano un precedente secondo cui “la difettosa tenuta della cartella non solo non vale ad escludere la sussistenza del nesso eziologico tra condotta colposa dei medici e patologia accertata, ma consente il ricorso alle presunzioni” (Cass. civ. sezioni unite 11/01/2008 n. 577). In presenza di elementi documentali insufficienti, il nesso causale tra condotta del medico e danno del paziente non può essere accertato. Di conseguenza conclude la Suprema Corte con il principio di diritto secondo cui l’ipotesi di incompletezza della cartella clinica va ritenuta circostanza di fatto che il giudice di merito può utilizzare per ritenere dimostrata l’esistenza d’un valido nesso causale tra l’operato del medico e il danno patito dal paziente […], incombendo sulla struttura sanitaria e sul medico dimostrare che nessun inadempimento sia a loro imputabile ovvero che esso non è stato causa del danno, incombendo su di essi il rischio della mancata prova”.

Livia Carnevale

 

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