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E’ responsabile il Ministero della Giustizia per i disservizi causati dalla cancelleria

E’ responsabile il Ministero della Giustizia per i disservizi causati dalla cancelleria

E’ responsabile il Ministero della Giustizia per un disservizio reso dalla Cancelleria dell’ufficio giudiziario competente che ha arrecato un grave pregiudizio alla parte. E’ quanto stabilito dal Giudice di Pace di Napoli con la sentenza n.38113/16.

Il procedimento da dove deriva la richiesta di risarcimento

La nostra storia, però, deriva da un altro procedimento, avente per oggetto un sinistro stradale, assegnato al Giudice di Pace competente (non quello di Napoli ndr), innanzi al quale veniva espletata l’intera istruttoria; in particolare, dopo l’assunzione della prova testimoniale, il giudicante, con ordinanza disponeva una CTU quantificativa e comparativa tra i veicoli coinvolti nel sinistro al fine di stabilire, la effettiva cinematica dello stesso. Successivamente il consulente tecnico nominato dal giudice, accertava la piena compatibilità della dinamica del sinistro cosi come sostenuta dall’attore. E qui iniziano le grane.

Il disservizio

In data 20/06/2007 il giudice di pace, introitava la causa (di sicuro accoglimento) in decisione. Ma da tale data e fino all’11/11/2009, al procuratore dell’attore, non veniva mai comunicato l’avvenuto deposito della sentenza, per cui con esposto nella stessa data, rivolto alla dirigente della Cancelleria Civile dell’Ufficio del Giudice di Pace competente, si chiedeva l’adozione dei dovuti provvedimenti.
In effetti, nella pandetta delle cause riservate del giudice, tenuta dal cancelliere, alla data menzionata non risultava scaricata alcuna sentenza né risultava annotato alcunchè. Ma da una contestuale consultazione del sito dell’Agenzia delle Entrate, emergeva che, per detto giudizio, risultava depositata una sentenza.
Successivamente, si sollecitava ripetutamente il cancelliere alle verifiche del caso, il quale però ha sempre ribadito che non gli risultava alcun deposito di sentenza, cosi come confermato, appunto, dalla visione della pandetta.
Il difensore dell’attore, allora, richiedeva allo stesso Giudice, un copia della minuta della sentenza, dalla quale emergeva sbalorditivamente, una decisione datata 22/06/2007, di declaratoria di incompetenza per territorio del Giudice adito con conseguente necessità di riassumere il giudizio innanzi al Giudice di Pace di Marano, ovvero di Torino.
Successivamente, da un controllo effettuato sulla pandetta cronologica (alfabetica), effettivamente emergeva che il predetto provvedimento era stato annotato e recante gli estremi di cui sopra, sebbene giammai pubblicato e comunicato alle parti costituite.
Ad ogni modo, stante la necessità di provvedere alla riassunzione di detto giudizio, l’ avvocato richiedeva nuovamente lumi al cancelliere, onde conoscere l’esatta ubicazione della produzione di parte attrice, nonché i motivi della mancata pubblicazione della sentenza e conseguente mancata comunicazione del dovuto biglietto di cancelleria e della mancata annotazione del provvedimento in oggetto, sulla pandetta delle riservate a sentenza del giudice. Ma, per tutta risposta, nessuna attività collaborativa veniva posta in essere dal cancelliere, nonostante le gravissime negligenze sinora descritte e neppure veniva giammai rinvenuto il fascicolo d’ufficio della causa in esame.

La causa per il risarcimento del danno

Non restava altro da fare, quindi, che introdurre un giudizio di merito contro il Ministero della Giustizia, organo competente a garantire al cittadino il diritto alla difesa, essendo palese che all’attore era stato negato proprio tale diritto, peraltro, costituzionalmente garantito, conseguente il pregiudizio economico sofferto, rappresentato dal mancato risarcimento del danno.
In tale giudizio, il Ministero della Giustizia, sebbene regolarmente citato, non si costituiva, restando contumace.

La decisione

E si arriva alla decisione. Il ragionamento seguito dal giudice di merito nella sentenza, appare ineccepibile: innanzitutto lo stesso ha incentrato la fattispecie tra quelle rientranti sotto la copertura degli artt. 58 e 60 c.p.c. ( rubricati rispettivamente come “Attività del cancelliere” e “ Responsabilità del cancelliere e dell’ufficiale giudiziario”), aggiungendo, altresì che l’inciso si riferisce all’ipotesi della responsabilità civile per i danni cagionati ai sensi dell’art. 2043 c.c.. Nello specifico, nel caso di omissione o di rifiuto illegittimo di compiere un atto, qualora sia decorso il termine per il compimento dell’atto stesso, la parte danneggiata da tale omissione o rifiuto può fare istanza al giudice per ottenere la condanna dell’ausiliario al risarcimento dei danni. La parte, però, scrive il giudice “sopporta comunque le conseguenze negative del rifiuto o dell’omissione, perché non può essere rimessa in termini per il compimento dell’atto. E’ bene precisare che in tale ambito dovrebbe comunque valere l’art. 28 Cost. che prevede la responsabilità sussidiaria dello Stato. Nel caso di specie, al procuratore della parte attorea non veniva data la possibilità di poter riassumere il giudizio né di proseguire nel proprio mandato, pertanto il disservizio reso dalla cancelleria, recava un pregiudizio economico tale da dover essere risarcito”.
Alla luce di tale premessa, quindi, secondo il magistrato “per quanto attiene al danno subito dalla parte attorea, per effetto dell’evoluzione dottrinaria e giurisprudenziale del concetto di danno ingiusto di cui all’art. 2043 c.c., l’ingiustizia attiene esclusivamente al danno subito dal danneggiato e non al fatto dell’agente. Non occorre, pertanto, che il fatto sia ingiusto: è sufficiente che sia ingiusto il danno subito e che manchi una causa di giustificazione nel comportamento dell’agente”, per cui continua: “ si ritiene che parte attorea, abbia diritto ad ottenere il risarcimento del danno subito per il disservizio reso, nonché per il comportamento negligente del personale dell’Ufficio del Giudice di Pace, necessario nello svolgimento di una serie di attività di verifica dell’organizzazione delle Cancellerie degli Uffici del Giudice di Pace e di una seria attività di custodia”.
Nel caso di specie, conclude: “si deve precisare che si può affermare l’esistenza del diritto di credito di parte attorea, al risarcimento danni vantato nei confronti del Ministero della Giustizia, in quanto si verifica una relazione tra il pregiudizio sofferto ed una determinata condotta dalla quale il pregiudizio stesso viene generato”.

Mariano Fergola

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