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Cellulare di servizio ceduto alla figlia: è peculato

Il recente dibattito riguardante la spesa pubblica ha condotto ad un atteggiamento meno permissivo nei confronti di quei soggetti che prestano servizio presso le pubbliche amministrazioni e che in funzione della carica rivestita godono di determinati benefici  i quali si trovano sempre più spesso a dover giustificare innanzi all’opinione pubblica l’utilizzo dei benefits loro concessi.
In effetti se determinate cariche pubbliche comportano il riconoscimento di numerosi onori, a questi corrispondono però altrettanti oneri, tra cui l’eventualità di dover rendere conto dell’utilizzo dei fondi pubblici in alcuni casi anche all’autorità giudiziaria.
La Corte di Cassazione negli ultimi anni ha dovuto spesso affrontare tali vicende, contribuendo a tracciare quel sottile e delicato confine tra legittime prerogative politiche e comportamenti penalmente perseguibili.
Un intero filone giurisprudenziale è dedicato all’utilizzo piuttosto disinvolto delle utenze telefoniche e dei cellulari di servizio  messi a disposizione dagli enti pubblici a dipendenti e amministratori per ragioni di servizio e, pertanto, finanziate dai contribuenti.

La vicenda oggetto della recentissima sentenza della Sesta Sezione della Corte di Cassazione, n°49258 del 26.10.2017, riguarda un Consigliere Comunale il quale, avendo in uso per ragioni di ufficio una scheda sim intestata al Comune e pagata dall’ente pubblico, consegnava la scheda alla figlia che la utilizzava per le proprie esigenze, arrivando a consumare nell’arco di un anno traffico telefonico per 12.883,79 €.

Per tali fatti il Consigliere riportava una condanna ad un anno e quattro mesi di reclusione per il reato di peculato, oltre all’interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena, e proponeva ricorso per Cassazione ritenendo che il suo comportamento non potesse essere qualificato come peculato, punito dalla legge molto severamente, ma piuttosto come l’ipotesi più lieve del peculato d’uso.
Il reato peculato di cui all’art.314 c.p. si distingue dal peculato d’uso, previsto dal secondo comma dello stesso articolo, per la circostanza che mentre nel secondo caso il soggetto destina il bene pubblico a scopi diversi solo momentaneamente, nell’ipotesi più grave invece avviene una vera e propria appropriazione del bene.
La difesa dell’imputato sosteneva che il semplice utilizzo dell’utenza telefonica non poteva essere considerato come appropriazione e che l’uso momentaneo non deve necessariamente essere inteso come istantaneo, potendo anche trattarsi di un periodo di tempo più esteso.
Inoltre si evidenziava che il contratto telefonico sottoscritto dal Comune prevedeva un plafond di traffico di 180€ a bimestre a carico dell’amministrazione, mentre la restante parte sarebbe stata a carico del Consigliere e, dunque, l’ipotesi di reato poteva configurarsi solo in relazione al plafond a carico dell’amministrazione, con un danno di poco più di 1.000,00€.

I Giudici della Suprema Corte hanno risposto precisando che nel peculato d’uso l’utilizzo del bene per scopi diversi è momentaneo e legato a specifiche esigenze, e conseguentemente non arreca un grave danno all’amministrazione pubblica che comunque mantiene la disponibilità del bene.

Nel caso di specie, invece, il bene pubblico usciva totalmente dalla sfera di disponibilità del Comune e veniva affidato ad un soggetto totalmente estraneo che ne faceva utilizzo continuativo ed esclusivo facendo venir meno il vincolo di destinazione dell’utenza telefonica alle ragioni di servizio, circostanza che determinava una sostanziale appropriazione.
Come ampiamente provato, la figlia del Consigliere si comportava come se fosse l’unica proprietaria dell’utenza, avendone fatto anche uso all’estero, con la piena consapevolezza del padre dimostrata dalle numerose telefonate intercorse tra i due.
Pertanto la Corte di Cassazione confermava la sussistenza del reato di peculato, accogliendo unicamente la richiesta di riduzione della pena avendo riconosciuto il reato sussistente solo in relazione alla somma a carico del Comune.

Alessia Alongi

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