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Medici, legittimo il sequestro del personal computer

In presenza di dichiarazioni accusatorie secondo cui il software viene utilizzato per gestire una contabilità parallela, è sempre possibile disporre la perquisizione del personal computer. (Cass. 1159/2017).

Medici, attenti alle dichiarazioni infedeli

La soluzione proposta dalla Suprema Corte prende le mosse da un’indagine per dichiarazione infedele condotta nei confronti di uno studio di medici odontoiatri. Il Pubblico Ministero disponeva il sequestro di attrezzature professionali presenti nei locali dell’ambulatorio, tra cui sette personal computer.

Per accertare il reato di cui all’art. 4, dlgs.74/2000, è legittimo il provvedimento di sequestro dei personal computer.

In primo luogo, gli agenti accertatori possono procedere alla perquisizione dei pc per rinvenire il corpo del reato.

Se l’utilizzo del software di contabilità può essere attivato soltanto con pen drive, è possibile disporre il sequestro dell’intero sistema informatico, al fine di apprendere tutti i supporti hardware per sottoporli ad analisi informatica ed accertare il fatto oggetto del presunto reato. E’ proprio tale particolare modalità di avviamento dello stesso che rende proporzionata l’ablazione dell’intero sistema.

Non vi sono limiti, per il Pubblico Ministero, diversamente dagli altri soggetti istituzionali, nell’acquisire il computer o qualsiasi altra apparecchiatura informatica di un contribuente benché, al suo interno, vi siano dati sensibili di soggetti terzi (atti coperti da segreto professionale, documenti riferibili ai pazienti e alle relative pratiche mediche che potrebbero essere particolarmente delicati e coperti da riservatezza).

Irrilevanti pertanto le contestazioni mosse dalla difesa volte a tutelare la privacy dei clienti: il fatto che le attrezzature informatiche contengano dati personali non può in alcun modo fungere da ostacolo al corretto svolgimento delle indagini condotte dalla pubblica accusa. Si rivelano nulle inoltre le considerazioni della difesa sulla circostanza secondo la quale la Convenzione di Budapest del 2008 sulla criminalità informatica impedisce il sequestro di interi sistemi computerizzati.

Le attrezzature professionali, primi tra tutti i personal computer, sono qualificabili come cose pertinenti al reato o come corpo di reato.

Il Pubblico Ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale: deve cioè compiere tutti gli accertamenti che reputa necessari per valutare la fondatezza di ciascuna notizia di reato.

Vietare il sequestro dei sistemi informatici comprometterebbe il regolare e ordinato svolgimento delle indagini e il giusto iter del processo, finalizzato ad accertare la verità.

Teresa Cosentino

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