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Medico non timbra l’uscita dal servizio: è truffa?

Medico non timbra l’uscita dal servizio: è truffa?

Il primario di un’azienda sanitaria che si assenti in orario di lavoro senza timbrare l’uscita rischia la condanna per truffa aggravata. (Cass. 6280/2017)

Medico non timbra l’uscita, il caso.

Il Giudice delle Indagini Preliminari, all’esito dell’udienza preliminare, disponeva il non luogo a procedere nei confronti del primario di un ospedale in ordine al reato di truffa aggravata perché il fatto non costituisce reato.

Secondo l’iter argomentativo del GIP, sebbene la fattispecie contestata al medico risultasse integrata dal punto di vista oggettivo, doveva rilevarsi l’assenza del dolo, in quanto l’azienda ospedaliera sapeva dell’attività libero professionale dell’imputato.

La circostanza per cui il primario si allontanava dalla struttura senza timbrare l’uscita, per recarsi nel centro medico privato presso cui lavorava, non era sorretta dalla coscienza e volontà di indurre in errore l’azienda.

In egual modo, la presenza del medico durante l’orario di lavoro presso centri commerciali, o carrozzerie auto, censurabile dal punto di vista del rapporto di lavoro, non era sorretta dal dolo, tenuto conto della sporadicità degli episodi.

Ricorre per Cassazione la ASL che si costituisce parte civile e rileva che il giudice dell’udienza preliminare non ha rispettato la funzione di filtro che gli impone di compiere solo un giudizio prognostico di natura processuale. Rileva inoltre una contraddittorietà della motivazione posto che è difficile ritenere che il primario non sapesse che, abbandonando il luogo di lavoro senza segnalare l’uscita, avrebbe indotto in errore l’ente pubblico circa la sua presenza in ospedale.

L’azienda sostiene che il medico abbia approfittato della mancanza di controlli e del mancato coordinamento tra i diversi uffici (non erano previsti report giornalieri) per ottenere una retribuzione per le ore mai effettuate, non dovuta ed irrogata sulla scorta della rilevazione automatica.

Medico non timbra l’uscita, la “lezione” della Corte.

La Corte rimprovera l’operato dell’organo giudicante e fornisce una chiara e dettagliata lezione di procedura penale.

In primo luogo, spiega che lo scopo dell’udienza preliminare è quello di evitare i dibattimenti inutili, non anche quello di accertare se l’imputato sia colpevole o innocente.

La sentenza di non luogo a procedere non è consentita nelle situazioni in cui, pur rilevandosi incertezze, la parziale consistenza del panorama d’accusa è suscettibile di essere migliorata al dibattimento. In altri termini, il giudice dell’udienza preliminare deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere in tutti quei casi in cui è prevedibile che il dibattimento si riveli superfluo in quanto non si potrebbe pervenire ad una diversa soluzione.

La valutazione operata dal giudice, oltre a rivelare i caratteri tipici del giudizio di merito, è infondata perchè si basa su un errore logico di fondo di non poco conto.

L’organo decidente, infatti, ritiene che il reato di truffa sia integrato dal punto di vista oggettivo, ma che non vi sia dolo nella condotta del primario per i seguenti motivi.

In primis, le prenotazioni effettuate extramoenia dal dottore venivano comunicate all’azienda sanitaria.

L’ente pubblico avrebbe quindi dovuto sapere che il primario del reparto di otorinolaringoiatria si allontanava dall’ospedale: il suo comportamento non era, per tale motivo, sorretto dalla coscienza e volontà di indurre in errore l’azienda; l’imputato inoltre vantava un monte ore eccedenti l’orario di lavoro accumulato negli anni e, infine, gli episodi di abbandono del luogo di lavoro risultavano sporadici.

Il GIP “dimentica” inoltre di effettuare una valutazione che tenga conto di tutti gli elementi del caso, tra cui: la totale assenza di controlli all’interno dell’ospedale, la mancata trasmissione di report giornalieri e le asimmetrie informative tra i diversi uffici, elementi in grado di incidere sull’accertamento dell’elemento soggettivo del reato, grazie anche all’escussione dei vari testimoni proposti dalla ASL.

Pertanto, la Corte, ritenendo che il dibattimento risulti assolutamente necessario per il prosieguo del giudizio, annulla senza rinvio la sentenza, ordinando la trasmissione degli atti processuali al tribunale per lo svolgimento della fase dibattimentale.

Teresa Cosentino

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