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No Tav, terroristi o manifestanti? La risposta della Cassazione

I No-Tav sono terroristi o semplici manifestanti? A quattro anni dall’attacco dei no-Tav al cantiere di Chiomonte, in provincia di Torino, la Corte di Cassazione mette un punto fermo sulla vicenda, rigettando il ricorso del procuratore generale che chiedeva di ribaltare la sentenza con cui la corte d’assise d’Appello di Torino aveva negato la sussistenza del reato di terrorismo.

L’attacco al cantiere della Tav

Negli anni il cantiere di Chiomonte è stato spesso oggetto di proteste e attacchi dei No-Tav, gli attivisti contrari alla costruzione dell’Alta Velocità Torino-Lione. Il 14 maggio 2013, verso le 3 del mattino, una ventina di persone aveva attaccato il cantiere di Chiomonte, dove era in corso di realizzazione un tunnel geognostico per il collegamento TAV della linea Torino-Lione. L’assalto, con lanci di molotov, si era concluso in brevissimo tempo e da questa azione era derivato l’incendio di un compressore, utilizzato per alimentare i martelli pneumatici, posto nei pressi dell’imbocco del tunnel, senza alcun ferito.  Per la procura si era trattato di un atto di terrorismo, ma già i giudici della Corte d’assise d’appello avevano escluso che l’azione notturna dei quattro imputati – Claudio Alberti, Niccolò Blasi, Chiara Zenobi e Mattia Canotti, all’epoca dei fatti di età compresa tra 23 e 41 anni – integrasse il reato previsto dell’articolo 280 del Codice penale (“Attentato per finalità terroristiche o di eversione”). Secondo i giudici d’appello, infatti, la norma richiede, alla base, di “attentare alla vita od alla incolumità di una persona“, presupponendo un’attività preparatoria adeguata e la finalità diretta in modo non equivoco a provocare l’evento desiderato. Le risultanze delle perizie sul lancio delle molotov dentro il tunnel e un’intercettazione telefonica tra due imputati avevano portato ad escludere l’idoneità e la volontà dell’azione “attentatoria” all’incolumità di persone. In realtà obiettivo dell’azione era solo mettere fuori gioco i macchinari utilizzati per scavare il tunnel contestato.

La Cassazione esclude il terrorismo

Dello stesso parere è la prima sezione penale della Corte di Cassazione, che ha precisato a chiare lettere che azioni dei no-Tav non possono essere considerate terroristiche; queste ultime infatti, sono configurabili solo quando il loro impatto intimidatorio sull’intera collettività è tale da costringere lo Stato nelle sue decisioni sull’opportunità di continuare o no un’opera. Mentre la procura generale ritiene che per parlare di attentato non è necessaria un’azione con dolo d’omicidio o di lesioni, ma basta un’azione con volontà di mettere in pericolo l’incolumità o la vita delle persone, per la Cassazione l’obiettivo dell’attacco era la distruzione dei mezzi per la realizzazione del tunnel, non quella di recare danno agli addetti ai lavori. La finalità di terrorismo si riferisce ad azioni dirette contro lo Stato, al fine “di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o a destabilizzare o distruggere le strutture fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese”. Inoltre, non basta il solo “finalismo”, ma occorre che ci sia anche azioni esplicite che abbiano come conseguenza un “grave danno al Paese o un’organizzazione internazionale”. Per i giudici non è avvenuto nulla di tutto ciò, perché l’attacco non fu tale da “costringere i poteri pubblici a rinunciare alla realizzazione della linea ferroviaria” o da “produrre un grave danno al Paese”. Per questi motivi la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 44850/2017, ha rigettato il ricorso del procuratore generale, ma ha comunque confermato le condanne di tre anni e sei mesi inflitte dalla corte d’assise d’appello ai quattro imputati per danneggiamento, fabbricazione e trasporto d’armi e resistenza a pubblico ufficiale.

 

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