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Sì all’uso della bomboletta spray al peperoncino se non ha finalità di offesa.

Secondo la Cassazione  l’utilizzo dello spray urticante non rientra tra gli oggetti atti a offendere di cui alla L. n. 110/1975 qualora sia conforme alle caratteristiche tecniche previste dalla legge,  sempre che venga utilizzato per finalità di autodifesa personale, mentre l’impiego come mezzo d’offesa comporta la piena e incondizionata applicazione della normativa in tema di armi.

Nel caso oggetto della sentenza, i giudici di merito avevano  riconosciuto la responsabilità penale nei confronti di un soggetto in ordine ai reati di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) e lesioni personali aggravate (artt. 582, 585 c.p.) per avere spruzzato negli occhi di una guardia forestale uno spray urticante.

In particolare, la questione ruotava tutta  intorno alla riconducibilità dello spray urticante alla nozione di di “arma”. La difesa rilevava, infatti, come il suddetto spray rientrasse all’interno del novero degli strumenti di autodifesa di cui al D.M. 12 maggio 2011 e pertanto non assimilabile al concetto di arma o di oggetto atto a offendere di cui all’art. 4 L. n. 110/1975 (legge disciplinante il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi).

La pronuncia della Cassazione
Di diverso avviso è stata, invece, l’opinione della Suprema Corte di Cassazione, la quale con sentenza n. 10889/2017 rigettava tutti i motivi di ricorso portando, peraltro, a sostegno del rigetto anche alcune interessanti considerazioni  in tema di modifiche mediate.

La Corte di Cassazione, in specie, ha ritenuto di dover respingere la tesi difensiva sulla scorta di tre ordini di ragioni.

In primo luogo ha inteso ribadire uno dei principi già affermati in passato dalla medesima Corte secondo la quale “il porto in luogo pubblico di tale bomboletta, contenente gas urticante idoneo a provocare irritazione degli occhi, sia pure reversibile in un breve tempo, è idonea ad arrecare offesa alla persona e come tale rientra nella definizione di arma comune da sparo da cui all’art. 2 L. n. 110 del 1975”.

In seconda battuta, la Suprema Corte ha trovato, altresì, un’ulteriore argomentazione a sostegno della propria decisione di rigetto in una sintetica, ma efficacemente argomentata, analisi in tema di modifiche mediate.

Si è ritenuto, infatti, che anche a voler sostenere la tesi scriminante del decreto ministeriale, alcuna ipotesi di successioni di leggi nel tempo sussisterebbe nel caso di specie. Considerazione operata alla luce del fatto che il suddetto decreto è stato pubblicato sulla G.U. nel 2011, mentre il fatto in contestazione risaliva al 2010.

Secondo i giudici di legittimità, le norme regolamentari del decreto ministeriale (che definiscono le caratteristiche del dispositivo in questione), dal momento che finiscono per limitare la nozione di strumenti atti a offendere assimilati alle armi e quindi l’ambito di operatività del precetto stesso, costituiscono all’evidenza norme extrapenali integratici. Ciò nonostante, non incidono sulla struttura essenziale del reato.

In pieno avallo di diverse decisioni della Suprema Corte, tra le quali spicca S.U. n. 2451/2007, Magera, i giudici della Corte ha voluto affermare il principio secondo cui “In tema di successione di leggi penali nel tempo…il principio di retroattività della norma favorevole, affermato dall’art. 2, comma 4 cod. pen., non si applica in caso di successione nel tempo di norme extrapenali integratrici del precetto penale che non incidano sulla struttura essenziale del reato e quindi sulla fattispecie tipica, ma ne comportino esclusivamente una variazione del contenuto, delineando la portata del comando”.

Infine, ma non per questo meno importante – tiene a precisare la Corte – l’utilizzo dello spray urticante non rientra tra gli oggetti atti a offendere di cui all’art. 4 L. n. 110/1975 non solo qualora sia conforme alle caratteristiche tecniche previste dalla legge, ma “anche qualora venga utilizzato per finalità di autodifesa personale, mentre l’impiego come mezzo d’offesa – quale verificatosi nella fattispecie in esame – comporta la piena e incondizionata applicazione della normativa in tema di armi”.

Antonio Colantoni

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