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Stalking, seguiva la vittima anche sul treno: fine di un incubo arriva la condanna

Stalking, seguiva la vittima anche sul treno: fine di un incubo arriva la condanna

Tribunale di Genova, sentenza n. 37/2017: La seguiva sul treno per andare al lavoro, la fissava insistentemente, le rivolgeva sgradevoli apprezzamenti fisici, la palpeggiava; giunge la condanna a 2 anni e 4 mesi di reclusione per stalking, violenza sessuale in continuazione di reati.

Atti persecutori (Stalking), violenza sessuale e continuazione dei reati sono state le fattispecie criminose riconosciute dal Tribunale di Genova in capo al soggetto che attraverso diverse condotte reiterate nel tempo seguiva, molestava e palpeggiava la vittima del reato recandole timore, ansia e cambio di abitudini di vita.

La sentenza in commento, in particolare, giunge alla nostra attenzione, oltre che per la rilevanza sociale che incorporano condotte di tale portata anche per la lucida e chiara argomentazione logico-giuridica con cui il collegio giudicante ha analizzato il presente caso.

Ma andiamo con ordine esponendo, in primis, i fatti della vicenda emersi dal processo.

IL FATTO

Con decreto di giudizio immediato veniva citato in giudizio un uomo ritenuto responsabile dei reati di cui agli artt. 612 bis e 609 bis c.p. (rispettivamente atti persecutori e violenza sessuale) realizzati in continuazione tra loro (art. 81 cpv c.p.) in danno di una donna.

Dalla sede dibattimentale, escussi i testimoni della parte offesa e dell’imputato, sentiti quest’ultimi ed analizzati tutti i documenti del caso (verbali, fotografie ecc..), è emerso che l’imputato ha intrattenuto con la persona offesa una conversazione che, sebbene sia iniziata in modo cordiale e amichevole, si è via via col tempo trasformata in una vera e propria persecuzione.

Emerge infatti dai fatti di causa come la condotta dell’imputato – reiterata per diversi anni – si sia estrinsecata attraverso pedinamenti, continue presenze sia sui luoghi abitualmente frequentati dalla vittima sia presso la fermata del treno che quest’ultima era solita prendere per recarsi al lavoro, financo apprezzamenti verbali di dubbio gusto e palpeggiamenti realizzatisi a bordo del medesimo treno su cui viaggiavano.

Tali condotte, inoltre, venivano altresì confermate dai diversi testimoni della persona offesa i quali, peraltro, evidenziavano come quest’ultima, a causa della quasi onnipresenza dell’imputato nei luoghi da lei frequentati, abbia vissuto in un continuo stato d’ansia e di timore tanto condurla a modificare le proprie abitudini di vita fino al punto da farsi accompagnare al lavoro dal proprio marito per evitare di imbattersi nel suo persecutore.

A conferma di tali circostanze fattuali hanno giovato inoltre le fotografie scattate dal marito della vittima il quale nonostante abbia tentato di fungere da deterrente per tali molestie si è oltretutto nascosto tra la folla del treno al fine di ritrarre i comportamenti delittuosi dell’imputato.

A nulla sono valse le difese di quest’ultimo dal momento che pur riconoscendo anch’egli la sua presenza nei predetti luoghi la giustificava alla luce di una patologia che necessitava – su consiglio del medico –  di “lunghe passeggiate” ai fini di un efficace risposta salutistica.

Va infine opportunamente menzionato come ai predetti episodi si sia altresì aggiunto un ulteriore particolare consistente in una più datata denuncia subita dal medesimo per atti osceni in luogo pubblico, avendo lo stesso iniziato un attività masturbatoria in treno davanti a una donna. Tale fatto trovava una più che tenue difesa nella testimonanza della di lui moglie la quale dichiarava trattarsi  di un più banale prurito alle zone genitali (Sic!).

I REATI CONTESTATI

Pare opportuno al riguardo richiamare il contenuto delle norme del codice penale per le parti che in questo caso interessano:

  • art. 612 bis, 1 co. c.p.:
  1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”;
  • art. 609 bis c.p.:
  1. Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.
  2. Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:
    1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;
    2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
  3. Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi“.
  • art. 81, 1 e 2 co. c.p.:
  1. È punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata sino al triplo chi con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima disposizione di legge.
  2. Alla stessa pena soggiace chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge

LA DECISIONE DEL TRIBUNALE

Preso atto dei fatti emersi dal dibattimento, alcun dubbio ha avuto l’organo collegiale del Tribunale il quale con sentenza n. 37/2017 ha riconosciuto la sussistenza dei reati di cui agli artt. 612 bis, 609 bis c.p. e 81 cpv c.p..

In particolare, il collegio giudicante ha proceduto alla disamina di ogni singolo reato emerso dal caso in esame rilevando al riguardo quanto segue:

  • Il reato di atti persecutori ex art. 612 bis c.p. è “un delitto contro la morale che si caratterizza per l’abitualità della condotta (reiterazione di minacce o molestie) che deve provocare uno degli eventi (alternativi)  indicati dalla norma (perdurante e grave stato di ansia o di paura; fondato timore per l’incolumità, alterazioni delle abitudini di vita).  Il delitto è certamente un reato di evento e di danno, a dolo generico. La minaccia può essere manifestata in modi e forme differenti, ovvero in maniera implicita, indiretta e indeterminata e può considerarsi tale quando “è idonea ad incutere timore ed a coartare la volontà del soggetto passivo, in relazione alle circostanze concrete, alla personalità dell’agente, alle condizioni soggettive della vittima e alle condizioni ambientali, in cui questa opera“. La minaccia e la molestia devono essere”reiterate“, si da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura nella vittima ovvero un fondato timore per la propria incolumità o per quella di persone vicine o, infine, costringere la vittima a modificare le sue abitudini di vita. Quanto alla reiterazione della molestia o minaccia, sono sufficienti “anche due condotte a concretare quella reiterazione cui la norma subordina la configurazione della materialità del fatto”. Il timore deve essere “fondato” e lo stato di ansia o paura deve essere “grave”. NELLA VICENDA IN ESAME:  attraverso l’utilizzo di regole di esperienza, tale reato ben può dirsi concretato atteso che alla luce degli elementi di causa, sostiene il Tribunale, non vi sono motivi per dubitare che le modifiche delle abitudini di vita siano state effettivamente realizzate, dato che quest’ultime sono state efficacemente provate così come tutti i restanti elementi di reato.
  • Il reato di cui all’art. 609 bis c.p sussiste ogni qual volta l’agente compie atti di intrusione violenta nella sfera sessuale altrui al fine di soddisfare la propria concupiscenza sessuale. Richiamando Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21020 del 28/10/2014, il Tribunale ha rilevato che “la condotta vietata dall’art. 609 – bis cod. pen. comprende, oltre ad ogni forma di congiunzione carnale, qualsiasi atto idoneo, secondo canoni scientifici e culturali, a soddisfare il piacere sessuale o a suscitarne lo stimolo, a prescindere dalle intenzioni dell’agente, purché questi sia consapevole della natura oggettivamente “sessuale” dell’atto posto in essere con la propria condotta cosciente e volontaria“. NELLA VICENDA IN ESAME: Tale reato può dirsi configurato atteso che in tre distinte occasioni, l’imputato seguendo la vittima dentro l’autobus e sfruttando la presenza di numerose persone per avvicinarsi alla donna l’ha palpata anche nelle parti intime, in mezzo alle gambe. Tale reato, però, è da valutarsi in relazione al terzo comma della norma la quale prevede un attenuante speciale per i casi di minore gravità (nel caso di specie riconosciuta considerato che i toccamenti sono stati fugaci e posti in essere in luoghi pubblici, nei confronti di una donna maggiorenne in pieno possesso delle proprie facoltà fisiche e mentali)
  • Infine per quanto concerne l’art. 81 cpv c.p. il tribunale ha evidenziato che i reati sono avvinti da un evidente nesso di continuazione, dato che le violenze sessuali sono solo l’ultima delle condotte che l’imputato ha inteso porre in essere all’esito della complessiva condotta persecutoria eseguita in esecuzione di un medesimo disegno criminoso.

Il tribunale, valutati dunque tutti gli elementi di cui all’art. 133 c.p. ed in particolare il dolo che ha mosso l’imputato, il danno provocato alla persona offesa, e la condotta complessivamente considerata ha stabilito:

– la pena di due anni di reclusione per il reato di cui all’art. 612 bis

– con aumento di complessivi quattro mesi per i reati di cui all’art. 609 bis c.p

– la condanna al pagamento delle spese processuali e del risarcimento del danno partimoniale e non patrimoniale oltre, ex art. 609 nonies c.p., l’applicazione  della pena accessoria dell’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all’amministrazione di sostegno.

Antonio Colantoni

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