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Terrorismo, il confine tra proselitismo e auto-addestramento. Sì alla custodia in carcere per chi si addestra

“Rigettato con sentenza n. 6061/2017 il ricorso avverso l’ordinanza recante il respingimento di una richiesta di riesame in ordine al reato di cui all’art. 270 quinquies c.p. (addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale)”

E’ bene chiarire sin da adesso come la sentenza n. 6061/2017 emessa dalla Corte di Cassazione è destinata a rafforzare quella giurisprudenza di legittimità che partendo da un’analisi esegetica dell’art. 270 quinquies c.p. – rubricato “addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale” – chiarisce la linea di confine tra auto ed etero addestramento per finalità di terrorismo (condotte punite dalla norma summenzionata) e informazione e proselitismo che, al contrario, rientrano nella lecita area delle libertà costituzionalmente protette.

IL FATTO

Un soggetto di origine Nord-Africane, a seguito dell’avvio di un procedimento penale a suo carico per il reato di cui all’art. 270 quinquies c.p., viene sottoposto dal G.I.P. del Tribunale alla misura cautelare della custodia in carcere ritenuti sussistenti tutti i requisiti previsti dalla normativa processualpenalistica ai fini dell’applicazione della misura anzidetta.

Non è mai superfluo ricordare, in breve, che le misure cautelari personali previste dal nostro ordinamento possono essere disposte in presenza di determinati requisiti tra i quali in primis emergono le seguenti condizioni generali:

1) la gravità del delitto addebitato all’imputato;
2) la punibilità in concreto;
3) la presenza di gravi indizi di reità;

A tali condizioni generali occorre altresì aggiungere le esigenze cautelari indicate dall’art. 274 c.p.p.:

1) Il pericolo di inquinamento della prova;
2) Il pericolo di fuga;
3) Il pericolo che vengano commessi ulteriori reati;

In presenza dei suesposti elementi (le condizioni generali e almeno una delle esigenze cautelari) è possibile applicare, tra le altre misure previste, quella custodiale in carcere (art. 285) sempreché sussistano inoltre i limiti di pena previsti per la sua applicabilità, ossia la pena deve consistere nella reclusione di almeno 5 anni o l’ergastolo.

Ciò detto, ritornando ai fatti della vicenda, veniva contestato al soggetto in questione l’aver acquisito informazioni e istruzioni per compiere condotte qualificabili come terroristiche ex art. 270 quinquies co. 1 c.p. il quale, oltre a punire l’addestratore, estende la punibilità anche al soggetto che, nonostante non abbia avuto un rapporto diretto e personale con quest’ultimo, autonomamente si addestra al fine di compiere atti di violenza ovvero di sabotaggio finalizzati al compimento di atti terroristici. Giova al riguardo precisare come, una simile estensione si è resa necessaria per la facilità con cui, attraverso internet, è possibile reperire informazioni utili a tali fini prescindendo quindi da un effettiva preparazione sul campo con tanto di personale addetto.

Tra i vari indizi che portarono all’applicazione della anzidetta misura emersero:

  • Una continuata raccolta di informazioni sulle modalità di autoaddestramento concernenti l’uso di armi, esplosivi o sostanze comunque pericolose, ovvero di tecniche strumentali al compimento di atti violenti per fini di terrorismo; da qui la possibilità che tali comportamenti avrebbero potuto trovare effettiva concretizzazione;
  • La presenza nella rubrica, in uno dei due cellulari in suo possesso, di un’utenza belga risultata a sua volta in contatto con un’altra utenza belga appartenente a un maghrebino arrestato in Francia in quanto sorpreso in possesso di armi ed esplosivi;
  • Il tentativo di raggiungere la Turchia, risultato vano a causa del respingimento da parte delle autorità turche nonché  la programmazione di un viaggio verso il Belgio.

LA DIFESA

Le argomentazioni a sostegno della difesa, oltre ad evidenziare un travisamento dei fatti contestati al proprio assistito indicando che i video visualizzati da quest’ultimo non avessero contenuto prettamente formativo, erano incentrate prevalentemente sul dato normativo. Rilevava infatti come ai fini della contestazione del reato di cui all’art. 270 quinquies c.p. non bastasse l’accertamento della sola rappresentazione mentale di una idea eversiva quanto, invece, una specifica ed inequivocabile condotta del soggetto tesa a concretizzare il programma terroristico; condotta che, sosteneva la difesa, non è evincibile dai fatti di causa. A supporto della propria tesi difensiva venivano inoltre menzionate diverse sentenze della Suprema Corte tra le quali la sentenza n. 4433/2014 della Prima Sezione secondo cui non è possibile “anticipare la soglia di punibilità a uno stadio della condotta che non sia ancora insegnamento ma mera divulgazione ovvero […] proposta ideologica”.
Sottolineava infine come anche la mera misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico sarebbe stata comunque idonea a soddisfare l’esigenza di cautela.

IL RESPONSO DELLA CORTE DI CASSAZIONE

La Sez. V della Suprema Corte adita in ordine a tale fattispecie di delitto, prendendo atto delle diverse e autorevoli sentenze menzionate dalla difesa e degli elementi posti a fondamento dell’applicazione della misura custodiale in carcere, con la sentenza n. 6061/2017 procede ad una accurata e doverosa esegesi giurisprudenziale dell’art. art. 270 quinquies c.p.. Ciò rende tale sentenza di particolare interesse per gli operatori del diritto atteso che tale excursus consente di delineare il confine tra ciò che può considerarsi lecito e ciò che invece rientra all’interno della norma in esame.

LA NORMA: Il dato da cui partire non può che essere dunque l’art. art. 270 quinquies c.p.. a norma del quale  “1. Chiunque, al di fuori dei casi di cui all’articolo 270 bis, addestra o comunque fornisce istruzioni sulla preparazione o sull’uso di materiali esplosivi, di armi da fuoco o di altre armi, di sostanze chimiche o batteriologiche nocive o pericolose, nonché di ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un’istituzione o un organismo internazionale, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. La stessa pena si applica nei confronti della persona addestrata, nonché della persona che avendo acquisito, anche autonomamente, le istruzioni per il compimento degli atti di cui al primo periodo, pone in essere comportamenti univocamente finalizzati alla commissione delle condotte di cui all’articolo 270 sexies.
2. Le pene previste dal presente articolo sono aumentate se il fatto di chi addestra o istruisce è commesso attraverso strumenti informatici o telematici

Tale disposizione, introdotta con D.L. 144/2005 conv. in L n. 155/2005, enucleava originariamente un delitto riferito al solo addestratore e addestrato. Successivamente con la novella del 2015 (D.L n. 7/2015 conv. in L. n. 43/2015) è stata estesa la punibilità anche alla persona che, autonomamente, ha acquisito istruzioni per il compimento di atti finalizzati alle condotte menzionate nella prima parte dell’art. 270 quinquies c.p.
Come già accennato, la Suprema Corte nell’operare l’excursus giurisprudenziale in materia di addestramento ad attività finalizzate al terrorismo (art. 270 quinquies c.p.) in pieno avallo dei principi di diritto contenuti nelle sentenze richiamate, tende a rimarcare la differenza sostanziale tra la vecchia e la nuova norma, rivela la natura giuridica del reato interessato e ne indica gli elementi essenziali sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo necessari ai fini dell’integrazione (si vedano in proposito le sentenze n. 38220 del 12/07/2011, ric. Korchi; n. 29670 del 20/07/2011, Garouan; n. 4433/2014 del 06/11/2013, El Abboubi; n. 28009 del 15/05/2014, Alberto; n. 48001 del 14/07/2016, Hosni).

Qui di seguito, per amor di sintesi, i vari approdi che hanno condotto la Corte di Cassazione al rigetto del ricorso:

      – Per ciò che concerne la natura giuridica del reato in questione l’art. 270 quinquies c.p. descrive un’ipotesi di reato di pericolo in quanto punisce anticipatamente l’attività prodromica al compimento di condotte terroristiche; siamo quindi in presenza di un di un delitto a consumazione anticipata;

    – Per quanto riguarda i soggetti attivi dall’entrata in vigore della D.L n. 7/2015 così come conv. in L. 43/2015 rientra ad oggi tra di essi anche “l’auto-addestrato” ossia colui che ha acquisito autonomamente le istruzioni per il compimento di atti violenti finalizzate al terrorismo.

    – Sotto il profilo dell’elemento oggettivo per la ravvisabilità del delitto di cui all’art. 270 quinquies c.p.è necessario che il soggetto attivo (ci si riferisce in questo caso al soggetto che raccoglie il materiale informativo) ponga in essere comportamenti significativi sul piano materiale, senza limitarsi ad una semplice raccolta di dati informativi, od a manifestare le proprie scelte ideologiche. In altre parole occorre accertare che al recepimento di informazioni dal parte del soggetto attivo segua una univoca condotta volta a concretizzare quanto appreso.
In tal senso è necessario indagare tanto sull’idoneità (quindi sulla capacità di creare situazioni pericolose) quanto sull’univocità (inequivocabile direzione degli atti per quel determinato scopo) degli atti posti in essere dal soggetto attivo al fine di evitare arbitrarie soglie di anticipazione della punibilità.
Inoltre, ribadisce al Suprema Corte che “la fattispecie disegnata dal legislatore non richiede che il soggetto istruito riceva istruzioni specifiche per il ruolo che egli intenderà rivestire una volta dedicatosi alla lotta armata, ma prescrive la consequenzialità cronologica della condotta qualificabile ex art. 270-sexies rispetto ad informazioni che ne siano il presupposto. […]La norma non sanziona la mera acquisizione personale di informazioni, condotta in sé lecita e garantita dall’art. 21 Cost., bensì […] «l’utilizzo che di queste viene fatto da parte del c.d. “lupo solitario”, per porre in essere comportamenti supportati dalla finalità terroristica, secondo il modello del c.d. pericolo concreto

    – sul versante dell’elemento soggettivo due sono i momenti che interessano il dolo (specifico). Il primo ravvisabile nella volontà di realizzare atti di violenza ovvero di sabotaggio, il secondo rinvenibile nel perseguimento di scopi di terrorismo. Ad ogni modo, entrambi i momenti abbracciano tanto l’addestratore quanto l’addestrato o autoaddestrato.

Sulla scorta delle superiori considerazioni, la Suprema Corte ha rilevato che nel caso di specie le numerose e incessanti visualizzazioni di video ritraenti esplosioni e uccisioni di massa, le immagini concernenti la preparazione di un ordigno, per quanto rudimentale, sono elementi di innegabile preordinazione di atti non solo violenti, bensì di chiara ispirazione terroristica o comunque volta a formare futuri kamikaze. Inoltre, il comportamento ispirato dalle istruzioni autonomamente acquisite e sopra delineate sono oltremodo “univocamente” orientate ad atti di terrorismo: avverbio che risulta introdotto, nella seconda parte del comma 1 dell’art. 270 quinquies c.p., in sede di conversione dell’iniziale decreto legge, al chiaro fine di evitare problemi di indeterminatezza della fattispecie.
Se a ciò si aggiunge il viaggio che il soggetto aveva effettuato in Turchia e quello che aveva programmato di effettuare alla volta del Belgio, i contatti con l’utenza belga, al contempo, in contatto con un ulteriore soggetto successivamente arrestato poichè sorpreso in possesso di armi e materiali esplosivi, risulta manifesta la gravità indiziaria del ricorrente.

Infine, sottolinea la Corte, la custodia cautelare in carcere risulta certamente adeguata in relazione ai fatti accertati in sede processuale in quanto “l’indagato si era dimostrato conoscitore di tecniche utili ad eludere intrusioni – nelle sue comunicazioni o navigazioni in rete – da parte delle forze di polizia […], in particolare, si segnala che il ricorrente aveva non solo visionato filmati su come non essere spiati attraverso il telefono cellulare, ma aveva anche scaricato un corso on line utile a quelle finalità”.

Antonio Colantoni

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