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Torture in Libia: Corte d’assise di Milano condanna cittadino somalo

Il sequestro di centinaia di persone in Libia e le torture cui sono stati sottoposte non può passare inosservato e rimanere impunito: una corte italiana, con una sentenza storica dello scorso ottobre, si è espressa con estrema fermezza e severità sulle condizioni inumane e sulle torture che avvengono all’interno dei campi di detenzione in Libia.

Torture in Libia: la vicenda e i reati

Il caso sottoposto all’attenzione della Corte d’assise di Milano riguardava un cittadino di origini somale, cui venivano contestati i reati di omicidio, sequestro di persona continuato e in concorso a scopo estorsivo e violenza sessuale aggravata per le condotte tenute assieme ad altri suoi connazionali in un campo di prigionia libico. Una vicenda molto dura, nel ricostruire la quale sono emerse le gravissime violenze che sono state inflitte a centinaia di connazionali somali dagli imputati, in quelli che, a tutti gli effetti, possono definirsi campi di detenzione nei quali le vittime venivano trattenute prigioniere e torturate. In apposite stanze e capannoni all’interno di questi campi ogni giorno cittadini somali, uomini donne e anche bambini, venivano sottoposti a torture, maltrattamenti inumani e stupri. I racconti e le testimonianze delle vittime, che hanno chiesto asilo, ricostruiscono scenari di inaudita violenza da parte del principale imputato, solamente ventiduenne, e dei suoi collaboratori, che per più di un anno avrebbero continuato a stuprare e torturare (e uccidere, in più di un’occasione) con modalità violentissime (dalle frustate alle scariche elettriche), esponendo in seguito i cadaveri delle vittime per ottenere un effetto deterrente sugli altri prigionieri.

Torture in Libia: la decisione della Corte d’assise di Milano

Sulla vicenda, avvenuta fra il 2015 e il 2016 in Libia, si è pronunciata lo scorso 10 ottobre 2017 la corte d’assise di Milano. Per potersi esprimere in materia, la giurisprudenza di merito ha dovuto ottenere, come prevede il nostro sistema giudiziario, il nulla osta del ministro della giustizia italiano.

La corte milanese ha condiviso l’impianto accusatorio e ha giudicato attendibili le testimonianze fornite dai richiedenti asilo, condannando l’imputato all’ergastolo e all’isolamento diurno per tre anni per i reati di omicidio, sequestro di persona in concorso e continuato a scopo estorsivo e violenza sessuale aggravata.

I giudici di merito hanno riconosciuto inoltre le aggravanti delle sevizie e crudeltà e della transnazionalita, sottolineando come le violenze siano state perpetrate, con l’uso delle armi, su persone già sottoposte a violazione della libertà personale e anche su minorenni.

L’imputato è stato inoltre condannato al pagamento di una cifra che ammonta a quasi un milione di euro, la maggior parte della quale a favore delle vittime costituitesi parti civili nel processo.

Chiara Pezza

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