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Utilizzo della rete Internet d’ufficio? Non sempre è peculato d’uso

La giurisprudenza di legittimità si è occupata massicciamente di uno dei reati -simbolo nell’ambito dei delitti contro la Pubblica Amministrazione, e cioè del peculato. L’incidenza è stata tale da aver “stravolto”, per certi aspetti ed alcune specifiche ipotesi, la struttura di tale fattispecie incriminatrice, come sembra confermato dalla sentenza 26297/2017.

Utilizzare privatamente telefono e reti Internet in dotazione al proprio ufficio? Non sempre è reato, o meglio non sempre è sufficiente la semplice consapevolezza della disponibilità di risorse pubbliche e del loro utilizzo distorto . Potrebbe così riassumersi semplicemente il principio di diritto desumibile dalla sentenza n°26297/2017 della Cassazione.

Il fatto

Tra il 2012 ed il 2013 un pubblico impiegato (addetto stampa dell’ URP presso il Presidio Ospedaliero “Le Molinette” di Torino ) si avvaleva indebitamente dell’utenza telefonica nella sua disponibilità per ragioni di servizio. L’utilizzo di tale utenza- e segnatamente della rete wi-fi- per fini personali aveva finito col provocare un danno pari a circa 34000 Euro, corrispondente al costo totale ingiustamente sopportato dall’ente di appartenenza. Nonostante ciò, sia il GUP presso il Tribunale di Torino che successivamente la Corte d’Appello torinese ritenevano l’uomo non responsabile del reato di peculato d’uso (art. 314 c.2 c.p.).

Nel proporre ricorso per Cassazione al fine di ottenere l’annullamento della sentenza di secondo grado, il PM poneva l’accento in particolare sulla centralità dei caratteri concreti della condotta materialmente tenuta dall’imputato, i quali , per consolidata giurisprudenza di legittimità, permettevano di ritenere integrato a tutti gli effetti proprio il reato di peculato d’uso, a nulla rilevando, in senso opposto, altre circostanze, quali ad esempio l’avvenuta restituzione, da parte dell’imputato, della somma versata ingiustamente dall’ente pubblico, o ancora la mancata conoscenza da parte di esso del tipo di tariffazione scelto dall’ente medesimo.

Peculato e “tariffe tutto compreso”

La Cassazione è ben consapevole dell’orientamento ormai monolitico, tra l’altro consolidatosi proprio in seno ad essa in tempi recenti, in punto di qualificazione della condotta di indebito utilizzo di quella particolare risorsa pubblica rappresentata dall’utenza telefonica d’ufficio, e questo si evince agevolmente dall’impianto argomentativo della sentenza 26297 del 2017.

“La giurisprudenza di legittimità con orientamento consolidato– si legge nella sentenza- afferma che la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio che utilizzi il telefono d’ufficio  (così come la rete Internet o il telefono cellulare sempre concessi per finalità di servizio, NDR) per fini personali al di fuori dei casi d’urgenza o di specifiche e legittime autorizzazioni, integra il reato di peculato d’uso se produce un danno apprezzabile al patrimonio della P.A. o di terzi, ovvero una lesione concreta alla funzionalità dell’ufficio, mentre deve ritenersi penalmente irrilevante se non presenta conseguenze economicamente e funzionalmente significative”.

Un nuovo dato decisivo: la conoscenza della tariffazione prescelta

Per la Cassazione una tale consolidata ricostruzione influisce decisivamente anche sull’indagine in ordine all’elemento psicologico del reato di peculato d’uso. In altre parole, proprio in tema di indebito utilizzo della connessione Internet, è senza dubbio importante “…verificare il tipo di convenzione che lega l’ente al gestore del servizio di Internet e, segnatamente, se l’ente paghi una somma forfettaria al mese (c.d. tariffa flat), per cui è economicamente indifferente il numero e la durata delle connessioni ad Internet eseguite dall’ufficio (e non vi è danno economico anche a fronte di connessioni illegittime), o, se, di contro, l’ente paghi il corrispettivo in funzione della durata delle singole connessioni (c.d. tariffa bundle), caso in cui la condotta illegittima del dipendente provoca un immediato danno patrimoniale all’ente”. Tuttavia, questo accertamento da solo non basta.

Per poter ritenere applicabile l’art. 314 c.2 c.p.- è questo il principale profilo di interesse della sentenza 26297- sarà necessario altresì accertare che l’autore del fatto, al momento della sua commissione, abbia avuto conoscenza del tipo di tariffazione prescelta in precedenza dall’ente pubblico di appartenenza: quindi, la mancanza di essa escluderà ogni addebito di responsabilità penale a titolo di peculato d’uso per assenza dell’elemento psicologico.

Nel caso di specie, “non era stata raggiunta la prova della conoscenza e della conoscibilità da parte dell’imputato del fatto che gli fosse stata consegnata una utenza collegata ad un contratto con tariffa bundle e non già flat, né che l’imputato avesse ricevuto comunicazione degli importi consumati mese per mese, atta a renderlo edotto dei costi addebitati all’amministrazione”

Per giunta questa mancata conoscenza “incolpevole” sembra costituire un problema diffuso, come testimoniato dalla sanzione, disposta nei confronti della Telecom -con delibera del Garante delle Comunicazioni antecedente alla celebrazione del giudizio di primo grado- proprio per  scarsa trasparenza delle tariffe applicate alla P. A.

Peculato d’uso: una più ampia “estensione” del dolo

La sentenza appena commentata alimenta una letture che tende sempre più a restringere l’applicazione dell’art. 314 c.p. per talune condotte di indebito utilizzo di strumenti d’ufficio. Se infatti grazie alla consolidata tesi più volte ricordata l’utilizzo dell’utenza telefonica in un contesto del genere non assume sempre ed automaticamente rilevanza penale- soprattutto laddove manchi un danno effettivo e significativo al patrimonio pubblico, come accade in presenza di tariffe “tutto compreso”- per le ipotesi che residuano e qualificabili come peculato d’uso si impone  un accertamento particolare circa l’elemento psicologico del reato, che quindi non può più considerarsi sussistente a fronte della sola consapevolezza della natura pubblica delle risorse utilizzate e dello scopo di farne un uso momentaneo.

Antonio Cimminiello

 

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