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Aggredisce verbalmente il proprio superiore, no al licenziamento

Nessun licenziamento per il dipendente che aggredisce verbalmente il superiore

Viene rigettato il ricorso della società che aveva richiesto il licenziamento per giusta causa.

La Corte di Appello di Brescia (sentenza n. 26930) decide di accertare l’illegittimità del licenziamento.

Condanna l’azienda alla reintegrazione della dipendente nel posto di lavoro e al pagamento di tutte le spese legali. L’azienda è tenuta, inoltre, al risarcimento del danno.

Motivo del ricorso è stato: esclusione della legittimità del licenziamento, negazione di atti di insubordinazione, ravvisata legittimità del diritto di critica.

La società richiedeva il licenziamento della dipendente per aggressione verbale. Riteneva che avrebbe potuto danneggiare l’immagine dell’azienda, con eventuale perdita di commesse e occasioni di lavoro.

La Corte non ravvisa la volontà della dipendente di ledere l’immagine dell’azienda, ma quella di difendere un lavoratore ingiustamente bersagliato dalle contestazioni disciplinari.

Il comportamento della dipendente, perciò, rientra nel diritto di critica e per questo non può essere motivo di licenziamento giustificato.

A volte i ritmi lavorativi possono diventare tali da far sorgere comportamenti severi nei confronti dei propri collaboratori e dipendenti. Si riconosce, dunque, il diritto del dipendente di criticare eventuali contestazioni gravose o ingiuste da parte del datore di lavoro.

Non costituisce insubordinazione reagire a comportamenti ritenuti persecutori e pubblicamente denigratori o per rivendicare un diritto spettante e non concesso.

A dimostrazione del fatto che non costituisce insubordinazione rivendicare i propri diritti è stata la precedente sentenza della Corte di Cassazione. (sentenza n.8173/2001).

La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione annullò la sentenza del Tribunale di Brescia che aveva confermato il licenziamento disciplinare di una lavoratrice.

La ricorrente aveva reagito pesantemente alla sottrazione del diritto  dell’indennità di malattia, apostrofando il datore di lavoro con epiteti ingiuriosi.

Anche in quel caso la Corte si espresse a favore del lavoratore. Essa riconobbe la reazione di quest’ultimo nei confronti di comportamenti gravosi da parte del datore di lavoro.

Sabrina Arnesano

Cassazione Civile – Sentenza n. 26930 Sentenza Cas_sezlav_8173 del 2001

Sentenza Cas_sezlav_8173 del 2001

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