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Lavoratore subordinato e professionista: questione di competenza!

Lavoratore subordinato e professionista: questione di competenza!

Districarsi tra le innumerevoli norme esistenti non è sempre cosa facile e capita, a volte, di incappare in dubbi e perplessità. Invero, già  una delle prime questioni processuali da esaminare, quando si inizia una controversia, è sicuramente quella legata alla competenza … e lo sa bene chi, a fronte della propria domanda di risarcimento del danno, subito a seguito del presunto inesatto adempimento dell’attività professionale del convenuto, si è trovato  davanti una dichiarazione di incompetenza territoriale. Ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire cosa è accaduto.

Nel caso specifico il Tribunale in questione ha ritenuto non applicabile alla fattispecie il foro del consumatore, invocato dall’attrice in virtù dell’art. 63 del Codice del Consumo, che prevede, per le controversie riguardanti i rapporti tra professionista e consumatore, la competenza  del tribunale del luogo  di residenza o di domicilio del consumatore.

Orbene, per il Tribunale l’attrice non rivestiva la qualità di consumatore, ma quella del professionista esercente attività imprenditoriale o professionale; si tratterebbe di una situazione subiettiva “si come correlata a un credito di lavoro o ad esso strettamente ancillare, dunque nel flagrante esercizio di una attività imprenditoriale o professionale o per uno scopo a questo connesso”.

Lavoratore subordinato e professionista:Cassazione e competenza

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A fronte di una tale decisione, parte attrice proponeva regolamento di competenza lamentando che il Tribunale non aveva considerato che ella aveva dato mandato al professionista al fine di recuperare un credito di lavoro, insinuandosi nel fallimento della ditta X di cui era stata dipendente; motivo per il quale operava il foro del consumatore.

Accogliendo la tesi della ricorrente, la Suprema Corte, con l’ordinanza n. 6634 del 14.03.2017, ha ritenuto che “contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, la circostanza che la ricorrente fosse ex dipendente della ditta fallita nei cui confronti vantava crediti da lavoro, giustifica l’applicazione alla presente fattispecie del foro del consumatore”.

La Corte infatti, richiamando i propri precedenti, ha ricordato la distinzione tra lavoratore dipendente – cui si applica il foro del consumatore – e professionista. Per i Giudici di legittimità “l’attività lavorativa, quando si tratta di lavoro subordinato, non è qualificabile come attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale. Solo se il soggetto persona fisica agisce per uno scopo relativo ad una di queste quattro “attività”, è esclusa la qualità di consumatore, subentrando invece la qualità di professionista”.  

Lavoratore subordinato e professionista:  le caratteristiche

Ciò che infatti caratterizzerebbe il lavoro subordinato è il compimento di una prestazione che si inserisce nella struttura e nell’organizzazione dell’impresa del datore di lavoro, a differenza del professionista che, invece, svolge sul mercato la propria attività economica.

Concludendo la Corte precisa che “con il sintagma “attività professionale”, di cui al D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 3, come modificato dal D.Lgs. 23 ottobre 2007, n. 221, ai fini della qualificazione del soggetto – persona fisica – come professionista, deve intendersi solo l’attività consistente nella prestazione autonoma d’opera professionale intellettuale (oltre all’attività imprenditoriale, commerciale ed artigianale, espressamente previste dalla norma), con esclusione quindi dell’attività di lavoro dipendente, sia pubblico che privato”.

E pertanto, poiché nella fattispecie ci troviamo davanti ad un contratto d’opera professionale intellettuale tra l’avvocato ed il consumatore, trova applicazione il foro esclusivo di quest’ultimo.

Iolanda Giannola

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