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Licenziamento del medico: non scatta se non risponde al cercapersone

La Sezione lavoro della Corte di cassazione, con la sentenza 16 gennaio 2017 n. 856, ha stabilito che non è causa di licenziamento del medico l’ipotesi in cui questo non risponde al cerca persone durante il suo turno di lavoro.

Cosa accade se un medico non risponde al cerca persone? E’ una causa di licenziamento del medico o la struttura ospedaliera deve dare la prova effettiva della sua “assenza fisica” dall’Ospedale? Di ciò si è occupata la Corte di cassazione con la sentenza n. 856/2017 nella quale è stato previsto un onere probatorio a carico del datore di lavoro.

monzinoIL CASO. LA vicenda in esame ha visto coinvolto un cardiologo, medico presso il Centro cardiologico Monzino IRCCS, che era stato licenziato dalla struttura perché non aveva risposto al cerca persone e per aver abbandonato il posto di lavoro durante il turno nella notte tra il 1 e il 2 settembre 2012.

Il Centro cardiologico ha insistito – anche in Cassazione – deducendo una violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 11 del C.C.N.L. per il personale non medico ed una errata interpretazione della nozione di abbandono del posto di lavoro.

In particolare la Struttura ha sostenuto che “il concetto di abbandono del posto di lavoro non andrebbe messo in correlazione con l’ubicazione fisica del lavoratore durante il turno notturno (che, nel caso dei medici di guardia, è l’intera struttura) bensì con il pieno assolvimento dell’obbligo di immediata reperibilità e con la risposta al cerca persone in qualunque momento“; sostanzialmente, secondo la Struttura, il medico rispondeva di abbandono del posto di lavoro per il semplice fatto di non aver risposto al cerca persone, a prescindere dal fatto che lo stesso si trovasse o meno all’interno dell’Ospedale e a supporto di ciò evidenziava come l’uomo fosse stato trovato diverse volte – durante gli orari del turno notturno – nella sua stanza – sempre posta all’interno della Struttura -.

La difesa del medico, invece, aveva sostenuto nei diversi gradi di giudizio che tale interpretazione soggettiva della norma non trovava alcun fondamento logico – giuridico apprezzabile: il medico poteva non aver risposto perché intento in altre faccende, perché non aveva sentito il cerca persone e, in ogni caso, non era ipotizzabile un abbandono del posto di lavoro per il semplice fatto di trovarsi nella sua stanza.

IL VERDETTO. La Cote di cassazione, sezione Lavoro, con la sentenza n. 856/2017 ha posto fino alla lunga querelle che durava dal 2012 confermando quanto statuito nel primo e nel secondo grado di giudizio.

La Corte dopo aver respinto i sei motivi su cui si fondava il ricorso in Cassazione ha accolto la tesi difensiva del medico chirurgo fornendo una nuova interpretazione del concetto di “abbandono del posto di lavoro”.

medicoNel merito gli Ermellini hanno ritenuto che non configura una causa di licenziamento per abbandono del posto di lavoro l’ipotesi in cui il medico non risponde al cerca persone; per poter sostenere ciò, la Struttura avrebbe dovuto dimostrare che effettivamente il medico non era presente nell’Ospedale: cosa che nel caso di specie non si era verificata. A supporto del cardiologo, inoltre, vi era stata la consegna al collega – il giorno seguente dell’attività svolta durante il turno notturno.

Dalla sentenza in esame , quindi, si sono possono ricavar tre principi: il primo è che non è causa di licenziamento del medico l’ipotesi in cui quest’ultimo – durante il suo orario di turno – non risponde al cerca persone; il secondo è che il concetto di “abbandono del posto di lavoro” deve essere inteso in senso prettamente letterale: deve configurarsi l’allontanamento fisico del medico dalla struttura; il terzo è che l’onere probatorio spetta al datore di lavoro: è l’Ospedale che deve dimostrare l’assenza “fisica” del medico.

Rosa d’Aniello

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