Shopping Cart

Permesso retribuito per curare cane malato: primo caso in Italia

Il permesso retribuito deve essere rilasciato al dipendente se questo è necessario per curare l’animale domestico. In caso contrario si integra il reato di maltrattamento.

veterinari

Che il diritto e la tutela degli animali siano materie in continua evoluzione è un dato ormai indiscusso. I Tribunali di merito e di legittimità iniziano a considerare gli animali domestici come dei veri e propri componenti del nucleo familiare al punto tale da riconoscere i permessi retribuiti per apprestare loro le dovuto cure veterinarie. Se in molti paesi del mondo ciò non è una novità, in Italia è la prima volta che si verifica una simile vittoria.

IL CASO. La vicenda ha avuto luogo nella capitale dove una dipendente universitaria, supportata dal team legale della Lav, ha ottenuto il permesso retribuito di due giorni di assenza per garantire le cure al proprio cane. La battaglia è stata svolta concentrandosi sulle ipotesi che configurano il reato di maltrattamento degli animali. Secondo la normativa italiana,  confermata a più riprese dalla Cassazione, tale reato si realizza anche quando il padrone dell’animale non provvede alle sue cure e al suo sostentamento. Sostanzialmente, quindi, se – come nel caso di specie – un cane è gravemente malato e il padrone non gli presta le dovute cure, quest’ultimo rischia di essere accusato di aver commesso tale reato.

Nel caso in esame, di fatto, si stava realizzando proprio ciò. La signora non aveva ottenuto il permesso retribuito (poiché la disciplina italiana in tema di permessi non contempla l’assistenza agli animali) e non poteva aiutare il suo amico a quattro zampe (che doveva sottoporsi ad un delicato intervento chirurgico indifferibile alla laringe) perchè viveva da sola.

Di fronte a tale situazione di stallo, decisive sono state le pronunce della Corte di Cassazione in tema di maltrattamento degli animali e l’interpretazione “dei gravi motivi familiari o personali” richiesti per ottenere il permesso retribuito. Quanto al primo aspetto, se la donna non avesse ottenuto il permesso si sarebbe resa – involontariamente – autrice del reato di maltrattamento; per quanto riguarda, invece, il grave motivo familiare e personale, dalla documentazione veterinaria era evidente la grave patologia di cui era affetto il cane mentre dallo stato di famiglia emergeva che la donna, single, non poteva avvalersi di nessuno per prestare le dovute cure al proprio animale. Sulla base di ciò, quindi, in un secondo momento le è stato riconosciuto il permesso retribuito.

Soddisfatto Gianluca Felicetti, presidente della Lav, che in un comunicato stampa ufficiale ha dichiarato “Ora, con le dovute certificazioni medico-veterinarie, chi si troverà nella stessa situazione potrà citare questo importante precedente. E’ un altro significativo passo in avanti che prende atto di come gli animali non tenuti a fini di lucro o di produzione sono a tutti gli effetti componenti della famiglia, è un altro passo avanti verso un’organica riforma del Codice Civile che speriamo il prossimo Governo e il prossimo Parlamento avranno il coraggio di fare, approvando la nostra proposta di Legge ferma dal 2008“.

COME CHIEDERE IL PERMESSO RETRIBUITO PER CURARE IL PROPRIO ANIMALE.

Ciò è venuto a creare, come detto all’inizio,  un precedente di non poco conto. Adesso, citando questo storico caso, tutti i dipendenti che necessitano di un permesso retribuito per curare il proprio animale, potranno ottenerlo. Tuttavia, ci sono delle regole da seguire.

1). Dovete trovarvi in una situazione di emergenza: il vostro animale domestico deve sottoporsi ad un intervento delicato che gli comporterà un periodo di degenza (la rimozione di un’unghia o il richiamo di un vaccino non rientrano in tali ipotesi).

2). Serve la certificazione del veterinario il quale deve attestare la patologia dell’animale, l’intervento chirurgico cui dovrà sottoporsi ed eventuale periodo di degenza.

3). Non avete nessuno che si occupi dell’animale domestico al posto vostro. Sul punto, utile potrebbe essere un certificato di famiglia o di residenza che attesta la vostra reale condizione.

4). Armatevi di tanta pazienza perchè non tutti i datori di lavoro concederanno tanto facilmente il permesso retribuito.

Rosa d’Aniello

Ultimi articoli

I LICENZIAMENTI COLLETTIVI NEL DIALOGO DELLE ALTE CORTI
I LICENZIAMENTI COLLETTIVI NEL DIALOGO DELLE ALTE CORTI
IL SALARIO MINIMO GARANTITO: TRA SPERANZE, UTOPIE E REALTÀ
AI Act. Rischi e prospettive sui diritti fondamentali.

Formazione Professionale per Avvocati
P.Iva: 07003550824

Privacy Policy | Cookie Policy

Partner