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Responsabilità del datore di lavoro per infortuni: sempre in colpa se viene meno l’autoresponsabilità del dipendente

Il datore è sempre (o quasi) responsabile di quello che succede sul posto di lavoro, a prescindere dalla sua volontà. Sulla questione sui è espressa la Suprema Corte di Cassazione. Vediamo nel dettaglio.

Cari lavoratori attenti a chi incaricate per svolgere determinate mansioni all’interno della vostra attività, perché potrebbe costarvi molto caro.

Il perché? Ve lo spiega la Suprema Corte di cassazione. Vediamo insieme.

Responsabilità del datore di lavoro per infortuni: il caso

Il Tribunale di Matera, con pronuncia definitiva n. 623/2009, condannava il proprietario di un’officina e il suo apprendista, al risarcimento dei danni per aver incaricato quest’ultimo, nel lontano 1985, di gonfiare con un compressore un pallone che, per la troppa pressione e la poca esperienza dell’operatore, provocava la perdita della vista dall’occhio destro ad un bambino.pallone

Convinti dell’erronea decisione del giudice di prime cure, i condannati al risarcimento proponevano ricorso dinnanzi alla Corte d’Appello di Potenza che, con pronuncia del febbraio 2013, annullava la sentenza emessa dal giudice di primo grado rigettando la domanda risarcitoria.

Senza perdersi d’animo e convinti delle proprie ragioni, parte lesa, ormai maggiorenne, promuoveva ricorso dinnanzi alla Suprema Corte di Cassazione, ritenendo l’erronea valutazione della questione alla luce dell’art. 2049 c.c. in materia di responsabilità dei committenti.

Quale sarà stata la decisione della Corte di cassazione?

Responsabilità del datore di lavoro per infortuni: la decisione

La terza Sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza pubblicata il 9 marzo 2017, n. 6033, annullava la sentenza emessa dalla Corte d’Appello territoriale, ritenendo fondato il ricorso, in quanto è sufficiente per la responsabilità ex art. 2049 c.c. un nesso di occasionalità necessaria, spiegando che si ha per data quando le mansioni del dipendente abbiano almeno agevolato il comportamento causante il danno.

La Corte di Cassazione, richiama e conferma quanto espresso nella sentenza di primo grado, affermando che la responsabilità del proprietario dell’officina, derivi dal fatto «che egli fosse stato consapevole e/o consenziente a che il suo dipendente usasse il compressore d’aria per gonfiare il pallone o comunque nulla avesse fatto per impedirlo».

Pertanto, le affermazioni della Corte territoriale, che riteneva superata la questione per la mancanza di un’esplicita autorizzazione da parte del titolare dell’officina sull’utilizzo del compressore dall’apprendista, secondo i Giudici di piazza Cavour «viene a “svuotare” proprio il profilo oggettivo della responsabilità ex articolo 2049 c.c.» poiché, prosegue la Corte, «la responsabilità del datore di lavoro non discende dalla esecuzione delle specifiche mansioni da parte del dipendente, essendo sufficiente che la condizione lavorativa sia occasione necessaria per la realizzazione o anche solo l’agevolazione della condotta dannosa, e che questa non consista quindi in un’attività del tutto estranea al rapporto di lavoro».

cassazioneSul punto, la terza Sezione della Suprema Corte, si è ispirata ad una recente pronuncia emessa in un caso analogo dalla stessa (sez. III, 24 gennaio 2007), precisando che «ai fini della responsabilità ex articolo 2049 c.c., è sufficiente un rapporto di occasionalità necessaria, nel senso che l’incombenza disimpegnata abbia determinato una situazione tale da agevolare o rendere possibile il fatto illecito e l’evento dannoso, anche se il dipendente abbia operato oltre i limiti delle sue incombenze, purché sempre nell’ambito dell’incarico affidatogli, così da non configurare una condotta del tutto estranea al rapporto di lavoro».

Cari datori, alla luce della decisione dei giudici della Suprema Corte, per evitare spiacevoli situazioni, tenete gli occhi aperti.

Maria Teresa La Sala

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