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Lo buchiamo il pallone? Non è sempre violenza privata

 

Lo buchiamo il pallone? Non è sempre violenza privata

Tagliare il pallone ai bambini per impedire loro di giocare in cortile non è reato. Neanche se questi corrono a casa a gambe levate e impauriti. A stabilirlo è la Corte di Cassazione (Cass. Pen. Sent. n. 1786/2017), chiudendo così una vicenda che ricorda esattamente uno spot di una nota piattaforma televisiva (oggi non più esistente) di qualche anno fa, quando al difensore della Nazionale, Fabio Cannavaro, che dopo un arzigogolato tentativo di battere un calcio piazzato da distanza notevole (era pur sempre un difensore, con piedi da difensore l’ex pallone d’oro), spediva la palla direttamente nelle finestre di un appartamento nei pressi del campo di calcio, veniva negata, dopo sollecite richieste, la restituzione del pallone (Capo, c’o putit ra o’ pallone ia, pe’ piacere ia). Non avremo mai saputo quel pallone che fine avesse fatto, ma chiunque, ancora oggi, ricorda l’impetuosa reazione, con minaccia al seguito, dell’uomo dietro la finestra.

La vicenda

Nella nostra storia non c’è il mitico stopper napoletano ma un gruppo di ragazzini, ripetutamente minacciati e ingiuriati da un uomo, perché giocavano a pallone nel cortile condominiale. Dalle minacce verbali, l’uomo, disturbato dal continuo vociare, un bel giorno passava ai fatti, tagliando con un coltello il pallone con cui i bambini giocavano.
Il fatto non passava inosservato e l’uomo si beccava in primo grado una condanna per stalking, successivamente riqualificata in violenza privata dalla Corte d’Appello, la quale evidenziava che “i bambini, impauriti per effetto del comportamento tenuto dall’imputato, spesso si vedevano costretti a rientrare in casa o scendevano nel cortile evitando di giocare con la palla”. Il condomino, dal canto suo, sosteneva che la sua condotta era volta, solamente, al rispetto del regolamento condominiale che, appunto, vietava di giocare in certe ore e comunque non aveva avuto effetto.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, invece, ribalta le decisioni dei giudici di merito, affermando che “non ogni forma di violenza o minaccia, riconduce alla fattispecie dell’articolo 610 cod. pen., ma solo quella idonea, in base alla circostanze concrete, a limitare la libertà di movimento della vittima o influenzare significativamente il processo di formazione della volontà”. Nel caso di specie, conclude la Corte, “non risulta la sussistenza del reato contestato, atteso che la condotta dell’imputato era giustificata dalla volontà di far rispettare il regolamento condominiale e che, in ogni caso, non vi era stata alcuna coercizione della volontà dei minori i quali, anche se temporaneamente si allontanavano, nondimeno poi continuavano a riprendere i loro giochi”. Niente condanna quindi, perché il fatto non sussiste.
“A’ ragazzi’ e mo’ vo buco sto pallone”, sbraitava l’uomo alla finestra, nel famoso spot pubblicitario. Ma ancora oggi ci chiediamo che fine abbia fatto quel pallone e le ripercussioni subite dal giovane Fabio ed i suoi amici. Giusto per la cronaca, Cannavaro, qualche anno dopo, da capitano della Nazionale, avrebbe vinto il Campionato del mondo in Germania. Fatevi avanti, stracciapalloni!

Mariano Fergola

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