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Illegittima la limitazione temporale degli effetti della nullità accertata di clausole abusive

Illegittima la limitazione temporale degli effetti della nullità accertata di clausole abusive

La Corte di Giustizia UE, nelle cause riunite C-154 e C‑307/15 e C‑308/15, si è pronunciata, a fronte delle domande di rinvio pregiudiziale proposte dal Tribunal Supremo spagnolo, circa l’interpretazione degli articoli 6 e 7 della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, sulle clausole abusive inserite nei contratti stipulati con i consumatori. In particolare le domande erano state presentate nel contesto di controversie che vedevano contrapposte alcuni consumatori, che avevano sottoscritto mutui ipotecari, a taluni istituti di credito, in merito al diritto alla restituzione di somme versate sulla base di clausole contrattuali di cui era stato giudizialmente accertato il carattere abusivo.

La Corte ha chiarito che «l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, deve essere interpretato nel senso che osta ad una giurisprudenza nazionale che limiti nel tempo gli effetti restitutori legati alla dichiarazione giudiziale del carattere abusivo, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva, di una clausola contenuta in un contratto stipulato fra un consumatore e un professionista, alle sole somme indebitamente versate in applicazione di una siffatta clausola successivamente alla pronuncia della decisione che ha accertato giudizialmente tale carattere abusivo».

Il caso

Era avvenuto che in Spagna alcuni soggetti privati, qualificabili come consumatori, avevano proposto diverse azioni giudiziarie nei confronti degli istituti di credito con cui avevano intrattenuto dei rapporti. L’intento perseguito era quello di far dichiarare nulle, alla luce della normativa spagnola di riferimento, le clausole di «tasso minimo» inserite nei contratti di mutuo, che a detta dei ricorrenti, in quanto abusive, non dovevano ritenersi vincolanti per i consumatori. Le clausole in questione prevedevano che, anche se il tasso d’interesse fosse sceso al di sotto di una certa soglia («tasso minimo») definita nel contratto, il consumatore dovesse continuare a pagare interessi quantomeno equivalenti a tale soglia senza poter beneficiare di un tasso inferiore.

Con sentenza del 9 maggio 2013, il Tribunal Supremo (ovvero la Corte suprema spagnola) ha effettivamente qualificato le clausole «di tasso minimo» come abusive, in particolare perché i consumatori non erano stati informati in modo adeguato circa l’onere economico e giuridico che tali clausole avrebbero comportato a loro carico. Nondimeno, il Tribunal Supremo ha altresì deciso di attribuire alla pronuncia un’efficacia ex nunc, nel senso di limitare nel tempo gli effetti della dichiarazione di nullità di tali clausole, sicché essa doveva considerarsi produttiva di effetti solo per il futuro, proprio a far data dalla pronuncia della sentenza.

Alcuni ricorrenti, che si sono visti comprimere il loro diritto ad ottenere il ristoro delle somme già pagate anteriormente alla suddetta pronuncia, hanno proposto reclamo avverso tale sentenza. Investiti di tali domande, il Juzgado de lo Mercantil n. 1 de Granada (Tribunale commerciale n. 1 di Granada) e l’Audiencia Provincial de Alicante (Corte d’appello di Alicante) hanno deciso di sospendere il giudizio e di rivolgersi a mezzo di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia per accertare se la limitazione degli effetti restitutori della dichiarazione di nullità, a partire dalla data della pronuncia della sentenza del Tribunal Supremo, risultasse o meno compatibile con la direttiva direttiva 93/13/CEE sulle clausole abusive, dato che, secondo tale direttiva, dette clausole non vincolano i consumatori.

Le argomentazioni della Corte

La Corte, contrariamente a quanto statuito dal giudice spagnolo, ha chiarito che risulta in contrasto con il diritto dell’Unione europea una giurisprudenza nazionale in virtù della quale gli effetti restitutori connessi alla nullità di una clausola abusiva sono limitati alle somme indebitamente versate successivamente alla pronuncia della decisione che ha accertato il carattere abusivo della clausola. La Corte ha evidenziato, infatti, che, secondo la direttiva, le clausole abusive non devono vincolare il consumatore, alle condizioni stabilite dalla legislazione degli Stati membri, fermo restando che a questi ultimi incombe l’onere di predisporre mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’utilizzo delle clausole abusive.

L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 dispone che gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali. Tale disposizione, ha chiarito la Corte, deve essere considerata come una norma equivalente alle disposizioni nazionali che occupano, nell’ambito dell’ordinamento giuridico interno, il rango di norme di ordine pubblico. Inoltre, ha proseguito il Giudice europeo, si tratta di una disposizione imperativa tesa a garantire un equilibrio formale che il contratto determina fra i diritti e gli obblighi delle parti contraenti, un equilibrio reale, finalizzato a ristabilire l’uguaglianza tra queste ultime. Data la natura e l’importanza dell’interesse pubblico sul quale si basa la tutela assicurata ai consumatori, che si trovano in una situazione d’inferiorità rispetto ai professionisti, la direttiva 93/13 impone dunque agli Stati membri, come risulta dal suo articolo 7, paragrafo 1, in combinato disposto con il ventiquattresimo considerando della medesima, di fornire mezzi adeguati ed efficaci «per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e i consumatori».

Ciò posto, la Corte ha chiarito che il giudice nazionale deve semplicemente disapplicare la clausola abusiva, cosicché essa sia considerata come se non fosse mai esistita e non produca quindi alcun effetto vincolante nei confronti del consumatore.

La decisione della Corte

L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che una clausola contrattuale dichiarata abusiva deve essere considerata, in linea di principio, come se non fosse mai esistita, cosicché non può sortire effetti nei confronti del consumatore. Pertanto, l’accertamento giudiziale del carattere abusivo di una clausola del genere, in linea di massima, deve produrre la conseguenza di ripristinare, per il consumatore, la situazione di diritto e di fatto in cui egli si sarebbe trovato in mancanza di tale clausola.  L’assenza di tale effetto restitutorio, ha proseguito a Corte, potrebbe pregiudicare l’effetto deterrente che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 1, della stessa, mira a collegare alla dichiarazione del carattere abusivo delle clausole contenute in contratti stipulati tra un consumatore e un professionista. A ciò si aggiunga che la circostanza che la tutela garantita dalla direttiva 93/13 ai consumatori sia regolata dal diritto nazionale non può modificare la portata, né, di riflesso, la sostanza, di tale tutela, rimettendo in questione il rafforzamento dell’efficacia di tale tutela tramite adozione di regole uniformi in merito alle clausole abusive, che è stato voluto dal legislatore dell’Unione europea, come emerge dal decimo considerando della direttiva 93/13.

Di conseguenza, ha concluso la Corte, per quanto spetti agli Stati membri, mediante le loro legislazioni nazionali, definire le modalità per dichiarare il carattere abusivo di una clausola contenuta in un contratto, nonché le modalità con cui si realizzano i concreti effetti giuridici di tale dichiarazione, quest’ultima deve consentire di ripristinare, per il consumatore, la situazione di diritto e di fatto in cui egli si sarebbe trovato se tale clausola abusiva non fosse esistita, fondando, in particolare, un diritto alla restituzione dei benefici che il professionista ha indebitamente acquisito a discapito del consumatore avvalendosi di tale clausola abusiva.

Cristina Grieco

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