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Ok della Camera alle nuove regole per i magistrati in politica

     Magistrati non candidabili per 5 anni nelle sedi dove hanno esercitato la funzione

     Roma, 30 mar. – Nuove regole per i magistrati che scendono in politica. Ha ripreso il cammino alla Camera, dopo essere rimasta congelata per tre anni, la legge già approvata nel maggio del 2014 dal Senato in materia di candidabilità, eleggibilità e ricollocamento dei magistrati a seguito dell’elezione in Parlamento o dopo l’assunzione di incarichi di governo o nelle amministrazioni territoriali.

     La proposta di legge profondamente modificata dal lavoro della Camera rispetto alla prima versione approvata a palazzo Madama, dovrà quindi nuovamente

tornare al Senato per la terza lettura. Elemento cardine è il divieto di candidabilità al Parlamento europeo, a deputato o senatore, presidente e consigliere regionale, provinciale per tutti i magistrati – siano essi ordinari, contabili, amministrativi o militari – che nei 5 anni precedenti l’accettazione della candidatura abbiano prestato servizio nelle sedi o negli uffici giudiziari con competenze riferite in tutto o in parte nella circoscrizione elettorale.

     Lo stesso criterio si applica al candidato-sindaco, consigliere comunale, circoscrizionale. La legge vieta anche di assumere l’incarico di assessore comunale, presso sedi o uffici giudiziari con competenza ricadente, in tutto o in parte, nel territorio della provincia in cui il magistrato ha prestato servizio nei cinque anni precedenti la data di accettazione della candidatura o di assunzione dell’incarico.

I magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari non possono assumere l’incarico di presidente o vicepresidente del Consiglio, ministro, viceministro, sottosegretario, assessore regionale o comunale se non sono collocati in aspettativa.

L’aspettativa è obbligatoria per l’intero periodo di svolgimento del mandato o dell’incarico di governo. 

Cambiano anche le norme sul ricollocamento nel caso di mancata elezione. I magistrati possono rientrare al ruolo di provenienza ma, nei due anni successivi alla data delle elezioni, non possono esercitare le funzioni inquirenti, né essere assegnati a un ufficio che ha competenza sulla circoscrizione elettorale nella quale si sono presentati.

     Al termine del mandato elettivo le toghe che non abbiano ancora raggiunto l’età pensionabile, possono accedere nuovamente agli incarichi ma come consiglieri o alla procura generale della Cassazione o in alternativa in un distretto di Corte d’appello che non coincida territorialmente con la circoscrizione di elezione.

Il testo prevede l’interdizione per tre anni di assumere incarichi direttivi e il vincolo triennale di esercitare unicamente le funzioni giudicanti in un organo collegiale. In alternativa i magistrati potranno chiedere di essere assegnati al ministero della Giustizia ma con una collocazione amministrativa o all’avvocatura dello Stato.

     Nessuna restrizione, invece, se già in servizio presso le giurisdizioni superiori. Quarantena anche per gli ex capigabinetto. Al rientro nella sede di provenienza, il magistrato già capo di un ufficio di diretta collaborazione di ministri, governatori o sindaci o componente di Authority o commissioni di vigilanza non potrà per un anno ricoprire incarichi direttivi o semidirettivi.

     Il testo prevede sanzioni per chi non rispetta le regole. Chi si candida o accetta incarichi di governo al di fuori delle regole incorre in un illecito disciplinare rischiando una sanzione non inferiore alla perdita di anzianità per quattro anni. Sul sito della Presidenza del Consiglio confluiranno i dati elaborati dai rispettivi organi di autogoverno o di rappresentanza sui magistrati (ordinari, amministrativi, contabili, militari) e sugli avvocati o procuratori dello Stato collocati fuori ruolo. Nella banca dati saranno consultabili incarichi attuali e incarichi precedenti e durata complessiva del fuori ruolo.

     (Pol/AdnKronos)

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