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Omessa comunicazione dei dati del conducente del veicolo: limiti alla responsabilità

Il proprietario di un veicolo, in quanto responsabile della circolazione dello stesso, è tenuto sempre a conoscere l’identità dei soggetti ai quali affida la conduzione del mezzo e, di conseguenza, a comunicare le generalità del conducente all’autorità amministrativa che gliene faccia legittima richiesta, ai fini della contestazione di un’infrazione amministrativa.

La violazione di tale obbligo è sanzionata dagli artt. 126 e 180 del codice della strada con una sanzione amministrativa pecuniaria.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9555 del 18 Aprile 2018, ha chiarito una volta per tutte, anche alla luce dell’insegnamento della Corte Costituzionale, i confini dell’applicazione della sanzione amministrativa prevista dal combinato degli artt. 126-bis e 180 del codice della strada.

Omessa comunicazione dati del conducente: tra omissione di collaborazione e incolpevole dimenticanza

Con l’ordinanza di aprile 2018, la Corte di cassazione adotta un orientamento volto a giustificare alcuni casi in cui il proprietario del veicolo omette di comunicare i dati del conducente, non per violazione dell’obbligo di diligenza e collaborazione ma per giustificabile dimenticanza degli stessi.

Già in passato, la Corte Costituzionale con la sentenza interpretativa n. 165 del 2008, aveva chiarito la ratio della sanzione amministrativa, la quale sarebbe volta a contrastare le ipotesi di rifiuto della condotta collaborativa necessaria ai fini dell’accertamento delle infrazioni stradali e non a sanzionare ogni ipotesi di omessa comunicazione di tali dati, configurandosi altrimenti una violazione dell’art. 24 Cost. con una indebita presunzione iuris et de iure di responsabilità.

Nel caso di specie, il proprietario del veicolo aveva impugnato un verbale di accertamento elevato dalla Polizia Municipale di Bari per violazione dell’art. 126 bis C.d.S., eccependo di aver comunicato tempestivamente alla Polizia Municipale di non essere in grado di indicare le generalità di chi era alla guida del veicolo di sua proprietà al momento della originaria infrazione a causa sia del notevole tempo trascorso tra l’infrazione  e la notifica del verbale di accertamento (oltre 3 mesi), sia della circostanza che il veicolo era utilizzato oltre che da lei anche dal marito e dalle sue due figlie.
Il ricorso veniva accolto sia dal Giudice di Pace sia dal giudice dell’appello che, infine dalla Suprema Corte, secondo cui bisogna distinguere la condotta di chi omette del tutto di comunicare alla P.A. le
generalità del conducente del veicolo al momento dell’infrazione da quella di colui che invece comunichi l’esistenza di validi motivi idonei a giustificare l’omessa trasmissione dei dati richiesti.

L’omissione da parte dell’appellata era perciò legittima ed escludeva la sua responsabilità per la contestata violazione amministrativa.

In virtù di tale ormai pacifico orientamento giurisprudenziale, spetterà di volta in volta al giudice investito della questione valutare se l’omessa comunicazione dei dati del conducente sia un illegittimo rifiuto di collaborare o, piuttosto, una legittima dimenticanza della situazione difatto del passato.

Martina Scarabotta

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